Le parole rimaste - Edit

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Capitolo VI | Dire in dialetto
che nelle generazioni anziane ancora perdura e che la Dallemulle cerca di scrollarsi
di dosso anche se non vi si ribella apertamente né lo rinnega fino in fondo. Le sta
stretto – questo è vero – e coll’andare dell’età lascia trasparire timidamente (L’anima
dela tega [L’anima del baccello], 2001) il fastidio che le provoca e quell’anelito,
misto a timidi accenni di quasi-rimpianto, per qualcosa che l’avrebbe potuta condurre
“in altra contrada” e che da “brava putela” non ha osato indagare. Ce ne dà
un gustoso ritrattino autoironico in Quante le volte (2001).
Quante le volte quante le valise
quanti i viagi quante le scanpade
de chi gnanche no’ savessi
de cossa forsi un fi atin meo
ma poco dura giusto quel tantin
el tenpo de tirar el fi a’ e
xa me calo disfo i mii fagoti
scancelo co’ la mente a squara
oni scanpobinario coridoio scia
chè schincar mai, guài a Dio
Xe de cossa ‘ndar fi eri,
calar la testa sul cussin la sera
se fa per dir sensa pensieri e
tuta cocola bona bonbona
ah, sì, epur malegnasa,
perchè me par de gaver perso
qualche toco unico per strada 1173.
La maschera e la vita
Il passo seguente – per quanto non necessariamente in senso diacronico – è
il riferimento diretto a una certa ipocrisia del vivere nell’epigrammatica Blefada
[Bluffata]. Va notato l’uso deittico di là e oni volta.
1173 Quante le volte: «Quante le volte quante le valigie / quanti i viaggi quante le scappate / da chi
neanche saprei / da che cosa forse un po’ di più / ma durano poco, giusto quel tanto / il tempo
di tirare il fi ato e / già ritorno a terra e disfo i miei fagotti / cancello con la mente quadra / ogni
scanpobinario corridoio scia / perché steccare mai guai a Dio / C’è di che andar fi eri, / poggiare la
testa sul cuscino la sera / senza pensieri si fa per dire e / tutta coccola buona bonbona / ah sì,
eppure maliziosa / perché mi sembra di aver perso / qualche pezzo unico per strada».