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Le parole rimaste - Edit

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222<br />

Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

versa della carneficina. Dei morti che sembravano giganti eterni nella – e per la<br />

– memoria d’uomo.<br />

Martini raggiunge questi risultati neorealistici esemplari unicamente nel presente<br />

episodio e in nessun altro caso. Non solo: l’autore ben presto s’allontana<br />

nella poesia dalla scrittura socialmente impegnata, incrementando il proprio<br />

ventaglio artistico di nuovi propositi tematici e di nuove stesure stilistiche. A<br />

cominciare dal 1955 345 egli sposta la sua espressione poetica dalle ‘posizioni militantistiche’<br />

tenute durante la guerra e durante la ricostruzione per valorizzare<br />

una tendenza al ripiegamento in sé, ossia in un’interiorità tutta sentimentale che<br />

richiama l’archetipo impressionista. Questo processo si è venuto concretizzando<br />

lentamente, cioè con l’accantonamento graduale dell’adesione incondizionata<br />

alla letteratura impegnata e con l’astensione dal consenso meccanicistico (tanto<br />

da esser diventato un vizio retorico) al ‘gusto neorealista’, a favore di una nuova<br />

disposizione d’animo e di un nuovo approccio al mondo e alla materia poetica:<br />

un approccio intimistico e spesso roso dal tarlo del dubbio, sebbene non ancora<br />

completamente privato d’una visione tutto sommato speranzosa nei confronti<br />

della storia a venire. Questo processo sarebbe diventato ‘fatto’ pienamente compiuto<br />

nella prima metà degli anni Settanta, e per la precisione nelle raccolte Il segno<br />

del mare, La bora spegne il fuoco, Aroma d’alga e Vento sul mare 346.<br />

Ma dove si deve andare a cercare la discesa, se non l’estinzione, del neorealismo<br />

di Martini che è stato l’intellettuale che più a lungo degli altri ne ha difeso<br />

e teoricamente avanzato alcuni assunti? 347. Una cosa è certa: Martini nel 1946 ha<br />

steso e nel 1949 ha pubblicato la poesia Sul selciato i morti, che da sola basta ad<br />

incoronarlo quale artista di una sostanziale levatura nel panorama del neorealismo<br />

italiano. Ma dopo? Mettendoci alla ricerca di una risposta ammissibile alle<br />

insidiose domande sopra esposte, vagliamo le poesie Notte e Autunno:<br />

Nella notte cupa<br />

non ho più occhi.<br />

Il continuo lamento del mare<br />

mi penetra nella carne<br />

e mi lega sul letto dell’insonnia.<br />

345 Vedi a proposito – poco avanti – le liriche Notte e Autunno, pubblicate nell’antologia di autori vari<br />

Poesia, Fiume, <strong>Edit</strong>, 1964. Vi si trovano quattro componimenti, di cui tre risalgono alla seconda<br />

metà degli anni Cinquanta. In tutti, ad ogni modo, hanno già preso corpo gli umori impressionistici<br />

velati di una tenue malinconia notturno-invernale in attesa del ritorno dell’alba-primavera che,<br />

nella prima metà degli anni Settanta, diventeranno a pieno titolo la chiave poetica dell’autore.<br />

346 Secondo Vera Glavinić (tesi di dottorato, 1980), Martini avrebbe continuato per sempre sulla<br />

strada neorealistica, anche con la silloge L’erba non è ancora verde del 1978.<br />

347 Ancora nel 1985, al XVI Convegno della «Battana», il poeta ha tenuto un discorso (in parte trascritto<br />

nelle pagine seguenti) evidentemente nostalgico sui motivi del fare letteratura neorealistica.

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