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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

che, deve chiudere bottega e l’intera famiglia nel 1936 deve trasferirsi a Pola.<br />

Lì i genitori trovano lavoro, ma il piccolo Ligio ha difficoltà ad inserirsi nel<br />

nuovo e maggiore ambiente cittadino, dove, tra l’altro, si parla in istriano-veneto<br />

mentre il suo istrioto è motivo di derisione da parte dei coetanei. Sul finire<br />

della Seconda guerra mondiale inizia a frequentare i giovani antifascisti<br />

polesi e nel 1947 si diploma all’Istituto Magistrale.<br />

Iscrittosi al Partito comunista, gli viene affidato il compito di capoufficio<br />

per le scuole italiane presso il Dipartimento all’Istruzione di Pola. Questo<br />

ruolo gli diventa ben presto stretto appena si rende conto di non avere alcuna<br />

autonomia decisionale e di essere manipolato dalla sfera politica del nuovo<br />

cosiddetto ‘potere popolare’. Nel 1948, nel turbine della sconfessione sovietica<br />

dello Stato jugoslavo, Zanini abiura ambedue le correnti ideologiche e<br />

di potere in conflitto, quella staliniana e quella titoista, e si dimette dal PCJ 895.<br />

Questo passo gli costa l’arresto, avvenuto nel gennaio del 1949, da parte della<br />

polizia politica jugoslava (OZNA), e l’internamento durato fino al luglio dello<br />

stesso anno nel carcere di Pola. In seguito ad un processo sommario viene<br />

condannato a tredici mesi, diventati poi quasi tre anni di lavori forzati nel<br />

campo di prigionia dell’Isola Calva. Rimesso in ‘libertà sorvegliata’ nel 1952,<br />

è costretto a lavorare come magazziniere nel cantiere navale “Stella Rossa”<br />

di Pola.<br />

Nel 1956, grazie all’interessamento di amici e intellettuali polesi, trova un<br />

nuovo impiego in qualità di ragioniere. Finalmente nel 1959 gli viene revocato<br />

il divieto d’insegnare e si trasferisce a Salvore con il compito di riattivare la<br />

scuola elementare italiana, chiusa nel 1953 per imposizione politica. Nei cinque<br />

anni di permanenza nella piccola cittadina, vi fonda il Circolo Italiano di<br />

Cultura (oggi Comunità degli italiani). Nel 1964 ritorna a Rovigno e s’impiega<br />

895 Non sarà male ricordare ancora una volta come nell’assetto internazionale emerso dalla Seconda<br />

guerra mondiale, scosso già dai venti della guerra fredda, la Jugoslavia di Tito si schierò con<br />

l’Unione Sovietica, riconoscendone il ruolo guida nel campo comunista. Tuttavia, l’indisponibilità<br />

di Tito ad accettare ingerenze nella politica interna ed estera del Paese fece sorgere presto<br />

un grave confl itto con Mosca, che portò in breve ad una clamorosa rottura. Nel giugno 1948 la<br />

Jugoslavia venne infatti espulsa dal Cominform (l’organismo politico creato l’anno precedente<br />

con il compito di coordinare l’attività dei partiti comunisti europei) con l’accusa di nazionalismo<br />

e di deviazione dall’ortodossia marxista-leninista. Nel 1949 la Jugoslavia venne esclusa anche dal<br />

Comecon (Consiglio di mutua assistenza economica), istituito proprio quell’anno in risposta al<br />

piano Marshall lanciato dagli Stati Uniti per favorire la ricostruzione dei paesi alleati. Trovandosi<br />

del tutto isolata, la Jugoslavia di Tito fu costretta ad adottare misure economiche draconiane, che<br />

suscitarono gravi tensioni in tutto il Paese. Lo scontro tra Belgrado e Mosca ebbe drammatici<br />

rifl essi in tutto il blocco comunista e soprattutto nell’area balcanica, dove si verifi carono scontri<br />

di frontiera. In molti paesi comunisti il dissenso fu assimilato al “titoismo” e duramente represso.<br />

Analogamente, Tito si scagliò con violenza contro quella minoranza del Partito rimasta fedele a<br />

Mosca. Vennero così allestiti diversi campi di prigionia, tra cui quello tristemente famoso di Goli<br />

Otok/Isola Calva, in cui vennero rinchiuse migliaia di persone considerate dissidenti, inclusi<br />

centinaia di comunisti italiani che nell’immediato dopoguerra avevano scelto di trasferirsi in<br />

Jugoslavia per partecipare alla costruzione dello stato socialista.

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