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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

Compì gli studi ginnasiali a Parenzo, Rovigno e Fiume dove giunse nel 1948<br />

e dove lavorò per un certo tempo come giornalista del quindicinale «Vie Giovanili»<br />

che lasciò per intraprendere il duro mestiere di linotipista presso la casa<br />

editrice <strong>Edit</strong> che non ha più abbandonato.<br />

Voce schietta e genuina di Dignano, sua “piccola patria d’adozione”, di Fiume<br />

e di tutta l’Istria, del passato e del presente, della terra rossa intesa in senso<br />

pregnante come luogo di identità, Schiavato si è imposto soprattutto per il realismo<br />

aspro, ma anche lirico ed elegiaco delle sue opere, che evocano il forte<br />

radicamento degli istriani nel loro territorio; il dramma dell’esodo, che ha travolto<br />

la popolazione; la sofferenza dei “rimasti”, costretti a vivere in una realtà<br />

diversa, impoverita, stravolta e resa irriconoscibile a causa dei noti, tragici capovolgimenti<br />

storici e politici del Novecento; il conflitto tra solitudine e tensione<br />

verso l’unità perduta; il conforto della memoria. Tematiche di respiro universale<br />

che l’autore affronta incentrandosi sul suo microcosmo istriano, in un’originale<br />

saldatura tra testimonianza di fatti pubblici e privata suggestione della memoria,<br />

tra piano realistico e scavo psicologico.<br />

Ha cominciato a scrivere nei primi, difficili anni post-bellici in cui si registravano<br />

opere di carattere epico-popolare, referti memoriali e di cronaca quotidiana,<br />

spesso legati alla poetica del neorealismo, alla passione ideologica, etica e storica,<br />

che hanno permesso, comunque, alla Comunità italiana di riprodursi, di rigenerarsi,<br />

di mantenere viva la lingua italiana, strettamente intrecciata all’identità.<br />

La Milani ha sottolineato più volte la validità, l’originalità e il posto particolare,<br />

a se stante, di Mario Schiavato nella letteratura istro-quarnerina; una letteratura<br />

in cui egli ha operato costantemente, con sempre maggior successo, dal<br />

dopoguerra ad oggi. “Mario Schiavato – scrive la studiosa – non lo mettiamo<br />

mai nel drappello venuto dall’Italia, la sua è un’altra storia. Provvisto di una individualità<br />

estetica tradizionale, di un robusto realismo in prosa – si colloca su<br />

una linea di continuità evolutiva che raggiunge i giorni nostri, senza mai ostentare<br />

propositi di rottura.” E lo ricorda anche nel contesto dei “memorialisti”,<br />

presenti sullo scenario della letteratura della sua area nella seconda metà degli<br />

anni Ottanta, in un’epoca in cui i “grandi mutamenti socio-politici – la morte di<br />

Tito, la presidenza collettiva, la disgregazione del Partito comunista, il ruolo di<br />

“Mladina”, il Gruppo 88, la caduta del Muro – permettono di sdoganare la memoria<br />

dai discorsi privati per socializzarla nei libri.<br />

Destabilizzate le visioni precostituite del mondo si poteva finalmente esplorare<br />

l’altra faccia, il negativo dell’immagine…Vengono pubblicati racconti e romanzi<br />

memoriali costituzionalmente realistici che portano alla luce il non detto<br />

della storia ufficiale, le zone d’ombra della nostra esperienza umana” 621.<br />

621 Cfr. NELIDA MILANI, “Generazioni a confronto?”, relazione presentata al Convegno organizzato<br />

dal Cenacolo UI a Fiume il 16 novembre 2006, p. 6.

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