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Le parole rimaste - Edit

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Come ha potuto la gramigna<br />

arrivare sulla cima del tetto<br />

della casa di pietra<br />

ed annidarsi tra i coppi rossi?<br />

Come ha fatto? Ha approfi ttato<br />

del buio della notte? O era giorno?<br />

Ma che giorno era?<br />

Niente è riuscito ad estirparla.<br />

La fredda bora d’inverno la travolge,<br />

la innaffi a la lunga pioggia d’autunno,<br />

il sole d’estate la rinsecchisce.<br />

Ma la gramigna ha radici profonde<br />

e continua a rimanere sul tetto.<br />

Lucifero Martini<br />

Ma la Storia, quella grande ingannatrice, approssimandosi la fine del secolo<br />

tradisce in ogni dove gli ideali ancora superstiti, trascinando con sé – sulla spinta<br />

delle crisi economiche e sociali – il tracollo politico dei sistemi comunisti europei.<br />

E la poesia, benché di denuncia, non cambia di certo il corso della Storia.<br />

Quest’ultima era, nella Jugoslavia degli anni Ottanta, portatrice di una gravosa<br />

instabilità politica e precorritrice di crisi e scontri ben più pesanti. Dopo la morte<br />

del presidente a vita Josip Broz Tito, avvenuta il 4 maggio 1980, molti dubbi<br />

furono sollevati sulla possibilità che la Jugoslavia potesse conservarsi. Essendo<br />

venuto a mancare il collante della sua figura carismatica che aveva saputo tener<br />

unite diversità 350 e contenere le svariate tensioni nazionaliste 351, la dissoluzione<br />

dello Stato socialista divenne, con il trascorrere del tempo e il montare delle tensioni,<br />

sempre meno improbabile. Ad un certo punto anche Martini è costretto<br />

ad arrendersi. Prende atto del fatto che gli uomini e il socialismo in cui aveva<br />

creduto con caparbia passione e per cui aveva combattuto erano inesorabilmente<br />

al declino. Allora si strugge nell’intimo e rivolge lo sguardo al passato e al suo<br />

“mutato significato” – dato che viene ri-visto da una nuova retro-prospettiva.<br />

Viene alla luce, insomma, un nuovo Martini poeta, che rinuncia a puntare il dito<br />

contro i prepotenti e i burocrati, contro l’involuzione umanistica nella generale<br />

corsa all’accumulo di beni materiali e all’appropriazione di un posto al sole<br />

350 In Jugoslavia c’erano tre lingue uffi ciali (il serbo-croato o croato-serbo, lo sloveno e il macedone)<br />

e molte altre minoritarie (fra cui l’albanese che, per il numero degli abitanti di quell’etnia, minoritaria<br />

di certo non era). Si usavano due alfabeti (il latino e il cirillico) e si professavano tre religioni<br />

(la cristiano-cattolica, la cristiano-ortodossa e la musulmana).<br />

351 Tito riuscì in questa diffi cile impresa, che assicurò un lungo periodo di convivenza pacifi ca fra le<br />

diverse etnie e confessioni, usando metodicamente la strategia del bastone e della carota. Ossia<br />

con l’uso della forza tramite i Servizi segreti (OZNA), la Polizia politica (UDBA) e la promozione<br />

di un notevole sviluppo economico del Paese che, tuttavia, proprio negli anni Ottanta subì<br />

un’inarrestabile retrocessione provocata principalmente dal debito fi nanziario verso l’estero.<br />

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