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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

Ma a parte le mode, nel mondo odierno c’investono sempre più le dissonanze.<br />

Io persisto nella ricerca delle armonie, ma non posso ignorare che le armonie,<br />

anche al di fuori dell’arte, devono superare filtri tutt’altro che armonici. (...).<br />

Sono stato sempre sensibile ai suoni; ai colori un po’ meno. Ne è prova il lungo<br />

impegno con cui mi dedicai alla musica, ma, ripeto, anche la musica ha le sue<br />

dissonanze. E il mondo in cui viviamo, purtroppo, ne ha sempre di più 412 .<br />

Nei versi di Ramous prevalgono indubbiamente le armonie, e gettarle alle ortiche<br />

con l’etichetta “versi facili” vuol dire non aver capito, non aver colto appieno<br />

la loro portata. E nei casi in cui si presentano le dissonanze, c’è un preciso<br />

motivo: lì Ramous in genere grida la sua rabbia, creando versi asciutti, dall’andamento<br />

narrativo. Si pensi ai versi di Alghe e licheni della silloge Pietà delle cose,<br />

e soprattutto a quelli finali («e i nidi / abbandonati dalle procellarie / accolsero<br />

i neonati delle cornacchie») nei quali accanto all’impoeticità dell’immagine domina,<br />

volutamente, l’uso di <strong>parole</strong> che accostate l’una all’altra risultano prive di<br />

ritmo e melodia.<br />

Gli inizi del poetare ramousiano aderiscono a una meditazione metafisica<br />

tradotta in un’angoscia accettata e sofferta senza teatralità alcuna, e accompagnata<br />

da un’accurata aggettivazione che mantiene la poesia avulsa dalla realtà<br />

quotidiana. In Nel canneto prevalgono espressioni quali “ultima luce”, “anima<br />

nuda”, “oceano di stelle”, “assopita spoglia”, “vanire anzi tempo”, “grigio silenzio”,<br />

“effimeri suoni d’incanto”. Detta aggettivazione non giunge mai, nemmeno<br />

nelle ultime raccolte, a prospettive salvifiche. Anzi, la poesia di Ramous<br />

resta sempre piuttosto quella di un osservatore acuto che non di un “vate”. Il<br />

poeta esplora il proprio mondo interiore e quello che lo circonda: la sua poesia<br />

in questo senso è un’ininterrotta ricerca che non esaurisce mai i motivi trattati,<br />

anzi li rielabora in maniera continuamente diversa. Così i legami con la tradizione<br />

poetica ante novecentesca si avvertono specialmente nelle prime poesie che<br />

risentono dell’influenza di <strong>Le</strong>opardi, di Foscolo, di Pascoli e pure di D’Annunzio,<br />

vissuto a cavallo di due secoli. A <strong>Le</strong>opardi si devono indubbiamente certi<br />

accenti di pessimismo cosmico 413, solo che alla riflessione leopardiana il Nostro<br />

“sostituisce ai termini del binomio uomo-natura (…) i poli io-Storia. Una dialettica,<br />

quella fra identità individuale e Storia, che si risolve soltanto nella sot-<br />

412 ALESSANDRO DAMIANI, “Realtà dell’assurdo – Armonie di un discorso interiore”, in «La Voce del<br />

Popolo», Fiume, 12 settembre 1973, p. 5.<br />

413 Dai quali nascono ad esempio i versi di <strong>Le</strong>nto il respiro della selva della silloge Nel canneto: <strong>Le</strong>nto il<br />

respiro della selva, lento / il cammino degli astri nella cupola / celeste. Solitudine. La strada /<br />

si disperde tra i sassi. Quale sguardo / mi fascia? Non ho veste che mi copra, / né tetto che mi<br />

occulti. Qui rimango / vittima senza scampo, del tuo sguardo, / Signore». I legami di Ramous<br />

con <strong>Le</strong>opardi furono intuiti già da LINO CURCI, “Raccolte di poesia”, «La Tribuna», Roma, 18<br />

giugno 1938, p. 6.

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