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Le parole rimaste - Edit

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Ligio Zanini<br />

Riferendosi al mare, il poeta scrive: «di per te stesso / saresti sempre quieto<br />

(...) di per te stesso saresti sempre limpido». Se il Mare e la Vita non sono quieti<br />

e limpidi, fa capire Zanini, non è certamente dovuto a un loro ‘superiore libero<br />

arbitrio’, ostile e indifferente alle sorti degli esseri animati e inanimati. Lo stato<br />

agitato e torbido del Mare e della Vita è sostanzialmente dovuto a cause esterne.<br />

A livello denotativo il mare è tormentato per via degli agenti atmosferici e<br />

dell’incosciente azione sfruttatrice e distruttrice perpetrata dalla civiltà moderna;<br />

a livello metaforico e/o allegorico (che qui si compenetrano) la Vita/Mare è<br />

tormentata per via degli squilibrati rapporti interumani, tra i singoli, tra le classi,<br />

tra le etnie, tra le nazioni, ecc., di quella civiltà.<br />

Il collegamento logico fra il Mare e la Vita è evidente. Preferibilmente la poetica<br />

zaniniana si esplica nell’habitat al poeta più congeniale: il mare. Questo (in<br />

tutte le possibili manifestazioni, da quelle idilliache a quelle tempestose), oltreché<br />

contenere ogni altro tipo di traslato (dall’antonomasia alla sineddoche), è<br />

esso stesso la figura retorica principale e basilare, raffigurante la Vita. Non semplicemente<br />

la vita biologica, ma la Vita quale concetto temporale e atemporale<br />

insieme. Implicante, dunque, la condizione esistenziale dell’individuo in relazione<br />

con se stesso ed in correlazione con il consorzio umano (concetto temporale),<br />

all’interno del più vasto disegno della natura (concetto atemporale). Ma in<br />

questo ultimo contesto, spetta alla vita con la “v” minuscola, nei limiti del possibile,<br />

cioè a quella individuale e mortale, decidere cosa fare di se stessa.<br />

Zanini ha deciso per sé di essere un outsider. Dopo essersi liberato dalle giovanili<br />

infatuazioni per il PCJ, egli non si fida di alcuna ideologia e afferma che<br />

«ognuno ha da essere il primo uomo di se stesso» 916. Quindi, ‘sfida’ la Vita. Tale<br />

atteggiamento provocatorio è rintracciabile nella lirica, dal montaggio realistico<br />

e dalla parabolica allegoria, Sico da San Damian [Secca di San Damiano] della silloge<br />

Terra vecchia-stara:<br />

Fora del scuio da Gusteîgna<br />

e vierto ‘l canal da Fasana:<br />

sico da San Damian.<br />

Oûn sbarnacio sul, fora<br />

stesso / saresti sempre quieto. // Mare limpido, / non hai tu la colpa / del massacro di mussoli<br />

e pesci, / del dolore di Figarola / e delle sporgenze rocciose non più bianche; / no, non hai tu<br />

la colpa / se il chiaro maestrale poco / fra i pochi pini di Monte; / di per te stesso /<br />

saresti sempre limpido. // Mare mio, / mi tormenti / con la tua bianca furia per la <br />

/ e sei ugualmente quieto e limpido».<br />

916 Dalla lirica El Sul, par nui, el va in saco [Il sole, per noi, va in sacco] della silloge Con la prora al vento:<br />

«ognidóun uò da iessi pruoto da si stisso».<br />

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