Le parole rimaste - Edit

Gianna Dallemulle Ausenak
Urlar stando siti come pessi
scanpar via restando là inpaladi
meter una maschera sul viso
sperando de passar inosservadi
morir oni volta un poco
fassendo fi nta che no’ inporta gnente 1174.
Il motivo della maschera, della simulazione e dissimulazione del vivere (reminiscenze
di Torquato Accetto?) si incontra pure in Co’ l’anima se storsi [Quando
l’anima si contorce] (2001).
Co’ l’anima se storsi
per insoferensa de robe
che magari poco contauna
parola de più
un’ociada de traverso
l’inpression de gaver
becado una fregada,
co ‘l futer ne sofi ga
e ne copa oni ragionamento,
stupida rabia sensa gnanche
el regalo dele algrime
per no’ palesar la maschera
(imagine che femo de noi stessi)
alora in tel’ aria galegia
el sentimento de gaver perso
ancora una batalia 1175.
In Sogni la Dallemulle è attratta dalla sperimentazione, e vi si cimenta divertita,
per quanto in maniera sorvegliata, come in questo calembour, giocato sul parallelismo
contrastivo tra le “mulete” di oggi e quelle di ieri e su alcuni ameni
neologismi dialettali (“trendsateroni”, “bunigolo schissadeocio”).
1174 Blefada [Bluffata]: «Urlare stando zitti come pesci / scappare via restando lì impalati / mettere
una maschera sul viso / sperando di passare inosservati / morire ogni volta un poco / facendo
fi nta che non importi niente».
1175 Co’ l’anima se storsi [Quando l’anima si contorce]: «Quando l’anima si contorce / per l’insofferenza
di cose / magari di poco conto /- una parola di più / un’occhiata di traverso / l’impressione di aver
/ beccato una fregatura / quando la stizza ci soffoca / e uccide ogni ragionamento / stupida rabbia
senza nemmeno / il regalo delle lacrime / per non rivelare la maschera / (l’immagine che diamo di
noi stessi) / allora nell’aria galleggia / il sentimento di aver perso / ancora una battaglia».
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