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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

sta rispetto alla ‘deviazione titina’ dal comunismo sovietico, e prima del Terzo<br />

Congresso degli scrittori tenutosi a Lubiana nel 1952.<br />

Fra i due citati componimenti, A Ezio Galli di Milano e A Rina Alberti di Milano,<br />

la precedenza va data al primo. Nell’adozione di tutti i canoni real-zdanovisti<br />

così perniciosi per la creatività, esso è interessante non solo per il fatto che chiarisce<br />

bene il carattere smaccatamente agit-propagandista e di parte di un bel po’<br />

dell’arte neorealista (tanto inequivocabilmente schierata quanto stilisticamente<br />

priva di consistenza) che s’è vista nel blocco europeo retto da governi comunisti,<br />

ma in primo luogo perché riesuma uno spaccato di storia al quale ha preso<br />

parte pure il Gruppo etnico italiano insediato in Slovenia e in Croazia:<br />

A Ezio Galli di Milano<br />

Se un giorno<br />

ti mandassi una lettera dicendo che tua madre t’avvelena<br />

nel cibo che ogni giorno con sacrifi cio ti prepara, se ancora mi vuoi bene,<br />

mi daresti del pazzo. Così per noi accadde un giorno<br />

che una lettera ci disse che il nostro Partito era avvelenato da chi con cura l’aveva cresciuto<br />

l’aveva curato da molti malanni l’aveva condotto sicuro alla lotta, gli aveva<br />

indicata la strada della vittoria. Era nata così la favola triste<br />

del tradimento di Tito era nata quel giorno<br />

in una decisione del Cominform.<br />

Tu conosci tua madre<br />

e noi conosciamo Tito.<br />

Oggi la vostra radio ed i vostri giornali<br />

ci stordiscono gli occhi e le orecchie urlandoci di una “cricca di Tito”<br />

Sì! La conosciamo anche noi questa “cricca di Tito”. Ma è più grande, più vasta, più potente.<br />

Una “cricca” dei popoli jugoslavi affratellati dalla guida di Tito!<br />

Anche se vi turate gli orecchi li sentirete i canti di questa gioventù popolare<br />

che sta costruendo oggi, con le sue mani un’intera città.<br />

Questi quattro milioni di giovani, questa è la “cricca di Tito”.<br />

Anche se chiudete gli occhi con la mano le vedete sorgere, immense davanti a voi<br />

le nostre fabbriche. Il rumore dei motori stordisce i pusillanimi callunniatori.<br />

Chi di voi, cominformisti, può sostenere oggi lo sguardo accusatore<br />

del nostro operaio? Ebbene, è questa la cricca di Tito!<br />

Undici milioni di jugoslavi sono il nostro Fronte popolare.<br />

Cinquecentomila comunisti lo dirigono. Ed è questo nostro Fronte che garantisce<br />

con le spalle e le mani callose dei suoi membri l’edifi cazione del socialismo.<br />

Ecco l’enorme cricca di Tito! Sì. Davvero la conosciamo anche noi<br />

questa cricca: la Jugoslavia socialista di Tito!<br />

Lo conosciamo nelle sue opere<br />

in quelle che costruiamo noi col nostro lavoro nelle lotte diffi cili e assidue di ogni giorno del

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