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Le parole rimaste - Edit

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392<br />

Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

Il rigore logico dello scrittore, in quest’opera carat terizzata da vitalità espressiva,<br />

da intima sincerità e da attenzione per la realtà storica, diventa il segno<br />

espres sivo della sua più profonda sostanza interiore, del significato vero, non<br />

convenzio nale della vita. Il romanzo, costruito sul leopardiano tema del ritorno<br />

alla torre del borgo, cioè al “natio borgo selvaggio”, è fondato dall’autore sulla<br />

sofferta percezione di sé, sulla consapevolezza di un destino irreparabile, e si<br />

configura come un’occasione per dare al proprio pessimismo esistenziale (non<br />

più storico, è leopardiano anche in questo) un respiro più vasto, per esprimere<br />

anche la forza dell’irrime diabilità.<br />

Sono in Calabria da un giorno appena, con l’animo ancora tutto rivolto al mondo<br />

nel quale ho consumato gran parte dei miei anni, oberato da quella esperienza<br />

e in una condizione psicologica, per gli esiti della vicenda collettiva, da disastrato[...].<br />

Tuttavia nella consapevolezza del danno, irrimediabile, conservo un orgoglio<br />

non piegato: la coscienza altrettanto netta di non aver demeritato e quindi di<br />

non sentirmi travolto dall’ignominia. Se fossi credente, griderei in faccia a Dio:<br />

“Non ho peccato!”1.<br />

Una matrice di forte segno etico: è questa la costante tematica del libro, che<br />

pure ha una sua struttura dinamica. L’autore, testimone della vita politica dell’ultimo<br />

cinquan tennio, lascia trapelare, sia pur in filigrana, in controlu ce, qualcosa<br />

della sua lunga esperienza esistenziale, iniziata all’epoca dei sogni e delle illusioni<br />

giovanili. Condi zionato dal rigore della prima formazione in seminario, guidato<br />

da una profonda eticità interiore, egli è passato attra verso concezioni religiose<br />

e visioni ideologiche, fanta sie poetiche e precettistiche morali, per approdare,<br />

alla fine, alla solitudine perfetta.<br />

Questa sua opera, che potremmo qualificare il suo testamento spirituale, si<br />

dirama attraverso percorsi variamente intrecciati: il viaggio nel Meridione; i ricordi,<br />

la memoria, il tranquillo soggiorno nel piccolo paese di Marcedusa, ospite<br />

del fratello prete, don Paolo e di Pierina, la volitiva sorella; il progres sivo<br />

recupe ro dei luoghi mitici dell’infanzia, Sant’Andrea Jonio e Catanzaro Lido, cui<br />

segue l’angoscia per la rovina del palazzo di famiglia che dovrà essere ceduto al<br />

Comune e la conse guente, estrema rinuncia alla propria identità e alle proprie<br />

origini, ultimo crollo interiore dopo quello ideologico.<br />

Ma ancora altri percorsi, ora sotterranei ora espliciti, si intravedono nella<br />

narrazione di Damiani: in particolare una miccia trasversale alimen ta continuamente<br />

il suo lungo solilo quio, e cioè la tragedia balcanica, il dramma bellico<br />

che ha sconvolto la ex -Jugoslavia, di cui egli pronuncia la più assoluta<br />

condan na.<br />

Alla luminosità dell’Italia meridionale si contrap pone il colore funereo della<br />

tragedia balcanica che si intravede attraverso le riflessioni del protagoni sta e, so-

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