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Le parole rimaste - Edit

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1. Egidio Milinovich<br />

Non sono unicamente quelle più banali le circostanze che accostano il<br />

fi umano Egidio Milinovich (1903-1981) al polesano Stefano Attilio<br />

Stell (1906-1984), quali la loro coetaneità e la durata della vita (per<br />

ambedue di 78 anni), il loro poetare nel rispettivo dialetto urbano o il loro essere<br />

menestrelli delle proprie città perdute – Fiume e rispettivamente Pola. Tra i due<br />

si possono tirare anche altri paralleli: le comunanze tematiche, la predilezione<br />

per versi distribuiti in quartine per lo più a rima baciata, l’indignazione per l’ipocrisia<br />

degli uomini e dei tempi, il rimpianto per le persone e le cose che non ci<br />

sono più, l’attaccamento alle tradizioni.<br />

Abbiamo di fronte due autori che si collocano tra folklore e poesia, come ha<br />

sintetizzato Gianfranco D’Aronco 1115 e che fondano i loro versi tra il passato<br />

consolatorio e il presente deludente. Il ritorno al passato non è soltanto e principalmente<br />

un ritorno all’età della gioventù, come potrebbe superficialmente sembrare.<br />

È, invece, soprattutto il ritorno all’“età dell’oro” intaccata dall’esodo, in cui il corpo<br />

etnico italiano era un corpo unito, non disseminato per il mondo. È la mitica<br />

epoca in cui “si era davvero in tanti”, che ha influenzato quasi tutta la letteratura<br />

dell’etnia e palesemente avvertibile nei dialettali istroveneti.<br />

C’é molto di demologico in Milinovich, con un occhio di amorevole riguardo<br />

per la sua Zitavecia [Cittavecchia] (La mia contrada) perché «son nato proprio in Zitavecia,<br />

/ a drio del Castel, in Barbacan; / non sufio a nissun in tel’orecia, / ma<br />

zigo sempre forte: son fiuman!» 1116. Ma anche il pittoresco rione fiumano, un tempo<br />

il cuore pulsante della città, sta scomparendo, sia perché abbandonato dai suoi<br />

nativi, sia perché aggredito dal ‘nuovo’, da ruspe e picconi che, assieme ai sassi e<br />

ai ‘’copi’’, ai camini e alle ‘’scafete’’, si portano via l’imprinting della fiumanità, i suoi<br />

simboli (‘’la Divina Comedia in sfasa...’’), i ricordi, la dimessa ritualità di vite sobrie.<br />

1115 GIANFRANCO D’ARONCO, “Egidio Milinovich, tra folklore e poesia”, in Variazioni fi umane,<br />

Biblioteca istriana n.5, Unione degli italiani dell’Istria e di Fiume-Università Popolare di Trieste,<br />

Edizioni LINT Trieste, 1984, pp. 5-6.<br />

1116 Da Zitavecia [Cittavecchia] (La mia contrada): «...sono nato proprio in Cittaveccha, dietro al Castello,<br />

in Barbacane, / non sussurro a nessuno nell’orecchio, / ma grido sempre forte: sono fi umano!»<br />

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