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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

i sentieri di campagna, i boschi, la bambina che balla con le farfalle, gli olivi, le<br />

capre e altri elementi naturalistici si configurano come oggetti carichi di significato<br />

e valore semantico, staccati dal contesto, quasi approdo finale dopo un<br />

lungo viaggio attraverso il proprio complesso mondo interiore.<br />

La capacità evocativa della parola nasce, quindi, da una sofferta, eppur tenera<br />

e pacata disponibilità interiore ad ascoltare i sussulti della natura e dell’uomo<br />

in un complesso meccanismo di regressione intimistica, di magica stupefazione,<br />

ma anche di estroversione, spesso gioiosa, verso la vita.<br />

La forte e leggera trama del dialetto in cui si avvertono anche cadenze gravi<br />

e aspre, avvia le forme più piene di ricomposizione e assestamento: mentre è<br />

sottaciuto il passato storico tormentoso e degradato, si avvertono già nella prima<br />

parte del libro, accanto all’espressione del sentimento amoroso per l’uomo,<br />

anche sfumature di colore, variazioni stagionali, odori, rumori, minimi trasalimenti<br />

di una natura intatta.<br />

Nella prima sezione di Soun la poiana / Sulla poiana è l’amore che prevale, un<br />

amore che la guida in un percorso profondo dentro se stessa, nella dimensione<br />

della sua più intima essenza: un amore cui l’autrice offre il suo femminile tepore<br />

e il canto della sua pace. L’amore intenso per la vita e per l’uomo amato,<br />

il desiderio di compenetrazione con la natura e l’ansia di assoluto si uniscono<br />

nella Drissuleina [Treccia], in cui il motivo amoroso si depura progressivamente<br />

da ogni consistenza naturalistica. “Co i oci varda in tai oci / vuiime ben anema<br />

de l’anema meia / portada cumo in gondoleta / ∫uta al morer ch’a impineisso la<br />

corto. / E coussei sempro graspito de serenada / cun tei me cumpagna la meia<br />

contrada» 1021.<br />

Talvolta la poesia d’amore, intessuta di immagini e riferimenti oggettivi, evoca<br />

l’energia rigeneratrice, la forza di sentimenti amorosi attraverso il rilievo emblematico<br />

di elementi tipici e tangibili come la mora nel mondo esterno caldo<br />

di sole, mentre in altre liriche le stagioni e i luoghi della terra natale acquistano<br />

i connotati di privati, metafisici luoghi mentali: ): “A ∫i bela la preimavera ch’a<br />

me fa festa / scarabociando culuri de fiuri e de farfale./ Cun tei sto distein nol<br />

me cameina oumegliado» scrive la Bogliun 1022.<br />

Nel linguaggio materno, che è anche il linguaggio dell’autocoscienza etica, si<br />

ritrovano inserti di intensa suggestione lirica, di energia e di solarità: un vitalismo<br />

panico, una forte tensione a possedere e a immedesimarsi nei molteplici<br />

aspetti della natura e nell’abbondanza di una piena stagione di vita sono espressi<br />

in questi versi densi e musicali.<br />

1021 Soun la poiana / Sulla poiana, cit., pp.5-6, da Drissuleina [Treccia]: «Quando gli occhi guardano negli<br />

occhi / voglimi bene anima della mia anima / portata come in gondoletta / sotto il gelso che riempie<br />

la corte. // E così sempre grappolino di serenata / con te mi accompagna la mia contrada».<br />

1022 Ivi, pp. 9-10, da Canto d’amur [Canto d’amore]: «È bella la primavera che mi fa festa / scarabocchiando<br />

colori di fi ori e farfalle / con te questo destino non mi cammina umiliato».

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