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Le parole rimaste - Edit

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606<br />

Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

ghe rispundeiva<br />

Ave Mareija piena de grasia…<br />

fasendose el signo<br />

de la cruz<br />

par mandà vì<br />

la morto ca gila ciamava 1045.<br />

Quella della Delton è un’autobiografia scritta in versi, intima e serrata, attraverso<br />

la quale essa filtra il mondo circostante, uomini, affetti ed esperienze. <strong>Le</strong><br />

immagini poetiche, direttamente risalenti al mondo paesano che la circonda, si<br />

propongono come immagini simbolo: l’universo dignanese diventa metafora<br />

della condizione del vivere, insieme significante e significato.<br />

Dopo il libro di poesie Sulo <strong>parole</strong> cumo testamenti [Solo <strong>parole</strong> come testamenti]<br />

e dopo la pubblicazione di numerosi lavori in riviste e opere antologiche,<br />

Lidia Delton ha pubblicato nel 2005 la silloge Granai de pulvaro [Granelli di<br />

polvere] 1046. Con questo volume Lidia Delton offre un ricco accumulo di immagini<br />

a sfondi domestici, che nel contatto con la fragilità umana si corroborano di<br />

venature malinconiche a sapore crepuscolare. Questo ampio canzoniere rende<br />

evidente il percorso della poetessa, che conferma la cordialità della sua voce e<br />

mostra la fedeltà alla tradizione personale di quella Dignano che con le sue creature<br />

rappresenta il riferimento costante, un universo in cui l’autrice trova un approdo<br />

sicuro, ospitale e generoso, un luogo di spontanea e possibile identificazione,<br />

dove io e mondo possono ancora eccezionalmente collimare senza fratture.<br />

Referente reale e poetico, Dignano è dunque il punto prospettico ideale da<br />

cui osservare la realtà, un solido asse cui ancorare l’immaginazione. Nei versi la<br />

poetessa dà voce ad un’esigenza di concretezza ed esprime la religiosa necessità di<br />

instaurare con gli avi un dialogo di verifica del vissuto nell’unica lingua di possibile<br />

intesa rinvenuta nel luogo dove affondano le radici di famiglia, dove antropologia<br />

e memoria hanno lasciato sedimenti. Il risultato è una poesia eminentemente<br />

lirica, fondata sul registro consolatorio-contemplativo, nella quale si<br />

realizza una perfetta commistione di motivi lirico-espressivi, biografici, con ciò<br />

che ad essi pre-esiste ed è connaturato con il dialetto (coralità, tradizione, po-<br />

1045 La suvita [La civetta]: «Nel camino della lavanderia, / la civetta aveva portato / la sua famiglia, /<br />

sperando di poter / vivere in pace, / come tutti là attorno. / Zitta, durante il giorno, / quando gli<br />

altri lavoravano./ Sveglia e allegra, / la notte / cantava la sua canzone, / sempre uguale, / sorda,<br />

/ ciuucc, ciuucc, ciuucc, … / e i vecchi / con la voce roca / rispondevano / Ave Maria piena<br />

di grazia… / facendosi il segno / della croce / per mandar via / la morte che lei chiamava». Da<br />

Sulo <strong>parole</strong> cumo testamenti, p. 170.<br />

1046 Nell’ottobre del 2005 la giuria del Premio nazionale intitolato a Biagio Marin, giunto alla sua<br />

V edizione, ha segnalato Granai de pulvaro quale testimonianza di continuità poetica resa dalla<br />

Delton nel suo antico dialetto. L’opera, divisa in cinque sezioni, comprende una sessantina di<br />

liriche con a lato la traduzione in lingua italiana standard.

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