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Le parole rimaste - Edit

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Mutamenti del contesto politico-culturale e i primi autori autoctoni<br />

nel novembre di quell’anno un’antologia bilingue dal titolo Parole rinate-Fjale de<br />

rilindura comprendente tutti i poeti kosovari tradotti per la prima volta in lingua<br />

italiana (da Scotti) con l’originale albanese a fronte.<br />

All’inizio degli anni Settanta, Ramous e Sequi (seguendo canali diversi) e<br />

Martini (percorrendo tutte le strade, soprattutto quella di ”Istria Nobilissima”)<br />

continuavano a sfornare opere di narrativa e poesia, ma la scena artistico-letteraria<br />

era più sovente occupata dai meno anziani e tuttavia non più giovani Scotti,<br />

Damiani e Schiavato in compagnia della folta pattuglia dei “ nuovi” Ugussi,<br />

Cocchietto, Zanini, Forlani, Curto ed altri, mentre sparivano via via dalla scena<br />

Sau, Gardina, Collori, Deghenghi, Finderle junior, Paliaga, Farina e qualche altro,<br />

la cui presenza si dimostrò transitoria ma non inutile. Sull’orizzonte di un<br />

futuro non lontano si stavano muovendo nuovi protagonisti, alcuni ancora del<br />

tutto ignoti, altri vivacemente presenti sui giornalini scolastici, sul mensile «Il<br />

Pioniere» o sulle pagine giovanili di «Panorama», i poeti e scrittori in erba, gli<br />

operatori culturali di domani: Ezio Mestrovich (caporedattore di «Panorama»,<br />

poi de «La Voce del Popolo», poi direttore dell’<strong>Edit</strong>), Ezio Giuricin (giornalista<br />

di punta di TV Capodistria, opinionista e ricercatore), Loredana Bogliun<br />

(docente universitario, poi Vicepresidente della Regione istriana), Lidia Delton,<br />

(dirigente scolastico, poi sindaco di Dignano), Koraljka <strong>Le</strong>kovich (giornalista<br />

free lancer, scrittrice e poetessa di successo in Italia e in Austria), Laura Marchig<br />

(poi caporedattrice de «La Battana» e direttrice del Dramma Italiano, poetessa),<br />

Maurizio Tremul, (poi a lungo dirigente del massimo vertice dell’Unione<br />

Italiana, poeta), Elvio Baccarini (poi preside della Facoltà di lettere e filosofia<br />

dell’Università di Fiume, opinionista), Silvio Forza (poi direttore dell’<strong>Edit</strong>,<br />

opinionista e redattore editoriale) Ugo Vesselizza (poeta moto apprezzato dalla<br />

critica italiana), Roberto Dobran (poeta e ricercatore) Ilaria Rocchi (docente e<br />

giornalista), e altri ancora.<br />

Una realtà problematica<br />

Nel 1968 le acque politiche jugoslave, soprattutto in Croazia, si stavano agitando.<br />

Gli italiani rimasti, calcolati all’epoca sulle 25 000 unità, sapevano comunque<br />

anche polemizzare, denunciare i soprusi e chiedere rispetto. Si facevano<br />

forti dei primi aiuti morali e finanziari che cominciavano ad arrivare dall’Italia.<br />

Scrittori e poeti, del resto, il reclamato rispetto se l’erano conquistato in<br />

ampie cerchie dei loro colleghi in tutta la Jugoslavia e nello Stivale. Osvaldo<br />

Ramous, che già nel 1957 aveva pubblicato in edizione bilingue Cinquanta poesie<br />

nelle edizioni della Società degli scrittori della Croazia, e nel 1964 nella stessa capitale<br />

il romanzo I gabbiani sul tetto nella traduzione croata, si era fatto un nome<br />

soprattutto in Italia pubblicando le raccolte di poesia Pianto vegetale del 1960 (Rebellato,<br />

Padova), Il vino della notte nel 1964 a Venezia e Risveglio di Medea nuovamente<br />

a Padova nel 1967. Un anno prima Eros Sequi aveva pubblicato a Belgra-<br />

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