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Le parole rimaste - Edit

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700<br />

Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

a meditare sulla realtà propostaci ed a parteciparvi emotivamente, escludendo<br />

così ogni possibilità di divertimento allo stato puro. La lettura cattura e trasporta<br />

in storie saporose che non mancano di dati realistici e di elementi di concretezza,<br />

di finezze argomentative, di motti ingegnosi, con sempre al fondo una<br />

sorta di morale, di continua aspirazione al bene e al meglio. La comunicazione<br />

porta il segno del travaglio formale e sa molto di saggezza popolare, con rimandi<br />

a proverbi, a massime, a battute, a <strong>parole</strong> ormai fossili in ampolle sigillate (tuti<br />

i salmi finissi in gloria; dispicar santi e madone; tirar i crachi; alsarse de note a spander acqua;<br />

quel pampurio; co’ rispeto parlando; una baba con una sbatola de qua fin al mercato;<br />

esser più testardi del muss; ingossade de pianser; ecc., ecc. ) 1184 ma pure con richiami<br />

culturali di carattere musicale, letterario, filosofico. Spesso è usato il monologo<br />

interiore che esteriorizza l’intimità del personaggio, cosicché discorso narrato e<br />

discorso vissuto si intrecciano costantemente, i punti di vista slittano in maniera<br />

repentina, i tempi verbali narrativi e quelli commentativi si sovrappongono.<br />

Il piacere combinatorio della parola suscita un processo continuo di semantizzazione<br />

segnica. Il dialetto lievita da solo, cresce, si mostra ricco di sfumature,<br />

colorato, ma soprattutto testimonianza di un altro universo dove parola e cosa<br />

coincidono. L’italiano dà solo l’idea, ma non è “le cose”. Il dialetto usa i “termini<br />

giusti” quelli che vanno al nocciolo dell’idea stessa che vogliono esprimere,<br />

è lo strumento in grado di penetrare e di restituire il nodo ultimo, il fondo impietrito<br />

dell’esistenza.<br />

Uno degli stilemi principali è il sentimento di maliziosa complicità con il lettore,<br />

che si palesa rivolgendosi direttamente a lui, chiamandolo in causa, facendolo<br />

partecipare all’azione con ammiccamenti ed interventi autoriali all’interno<br />

della narrazione: “E qua convien verser una parentesi e spender do <strong>parole</strong><br />

(come che ve go promesso de sora)”; oppure: “E no’ steme venir dir che questo<br />

no’ iera bel!” Oppure: “Fermemose un attimo a sto punto per contarghe i diese<br />

secondi (come che se fa per i bocseri) per darghe tempo de drissarse i ossi.”<br />

Tale captatio benevolentiae è da collegarsi alle caratteristiche dell’oralità, per cui il<br />

suo principale punto di riferimento è la lingua d’uso, con tutta la sua concretezza:<br />

<strong>parole</strong>-contenuto, uso frequente di immagini e paragoni, reduplicazione,<br />

suoni onomatopeici, forme allocutive, locuzioni avverbiali, modi di dire, etimologia<br />

popolare, dialogicità, ecc. Voler coinvolgere il lettore è il tentativo di creare<br />

una sorta di rilassatezza tra lui e la pagina. E il lettore si diverte e apprezza.<br />

Ed è attraverso il gioioso rincorrersi di paradossi, di amarezze, di allegrie argute<br />

e dissacranti, è attraverso il divertimento che si crea questa rilassatezza, nonché<br />

1184 Traspare chiaramente una scelta lessicale preziosa di termini ed espressioni autentici, un vero sollucchero<br />

per il dialettologo: tutti i salmi fi niscono in gloria, bestemmiare, tirare le cuoia, andar ad<br />

urinare di notte, quello scemo, rispetto parlando, una donna linguacciuta, essere più testardi del<br />

mulo, soffocate dal pianto, ecc. <strong>Le</strong> espressioni dialettali, degna materia di studio, sono veramente<br />

tante e meriterebbero un’analisi approfondita.

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