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Le parole rimaste - Edit

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Introduzione<br />

neoavanguardia si afferma nel 1963. Nell’Istro-quarnerino i confini del neorealismo<br />

si pongono tra il 1943-1950/55. Non si estendono certamente, come parecchi<br />

hanno avanzato, fino al 1970 e più in là. Non bisogna, cioè, confondere<br />

gli autori con i loro testi. Non cambia la biografia ideologica degli autori, essa si<br />

protrarrà (non in tutti) per altri vent’anni e oltre, ma le manifestazioni tematicoformali<br />

nei loro testi mutano consistentemente. Atteggiamenti diversi da quelli<br />

neorealistici si scorgono già nei testi di poesia offerti dalla rivista «Orizzonti»<br />

uscita nel 1951: latita ormai la dimensione zdanovista e il momento neorealista<br />

lo si incontra più come “gusto della realtà” che come incitamento alla trasformazione<br />

della realtà 10. Così, per esempio, Martini e Scotti, i quali hanno iniziato<br />

la loro carriera discendendo direttamente dal neorealismo, con il tempo colorano<br />

lo stesso di ascendenze impressionistiche e lirico-naturalistiche. Quando nel<br />

1963 esce la raccolta di poesie di Giacomo Scotti, Se il diavolo è nero, caratterizzata<br />

da un post-ermetismo venato da impressionismo intimistico e accenti crepuscolari<br />

nel cantare il suo “diverso esilio”, in Italia il post-ermetismo era già superato,<br />

assieme al neorealismo, dalle revisioni dei neosperimentalisti di «Officina»<br />

prima e dai sommovimenti provocati dai neoavanguardisti poi. <strong>Le</strong> ragioni del<br />

ritardo con cui le poetiche novecentesche vengono recepite dai poeti istro-quarnerini<br />

sono da ricercarsi nella longevità della maniera realista e nella condizione<br />

d’isolamento culturale in cui viveva in quegli anni la comunità italiana. Tuttavia,<br />

l’uno e l’altro, i poliedrici e versatili Scotti e Martini – e non solo loro due<br />

– tenderanno a conciliare la componente rigorosamente didattica con le ragioni<br />

dell’arte, nella difficile mediazione fra cultura e vita, fra poesia ed esistenza,<br />

fra interno ed esterno, fra mondo proprio e altrui. Pur restando ufficialmente il<br />

neorealismo l’unica poetica praticabile, tuttavia si viene lentamente affermando<br />

l’autore come soggetto della visione della realtà e come interprete della vita.<br />

Si giunge così alla seconda fase dell’esperienza poetica, collocabile nel decennio<br />

tra il 1964 e il 1974. Il distacco dalla poesia del ‘noi’ a vantaggio della poesia<br />

dell’‘io’ era ormai inevitabile. Gli autori si aprono ad una visione del mondo in<br />

cui non c’è più posto per la monodimensionalità: nella poesia si fa strada l’interesse<br />

per il privato e per l’analisi della condizione esistenziale dell’uomo. La poesia<br />

è lo spazio della libertà, la poesia è la coscienza di una cultura. Ci si accorge<br />

che l’uomo non si esaurisce nel ruolo pubblico né va commisurato soltanto con<br />

la sua funzionalità sociale, poiché dispone di una dimensione interiore. Anche<br />

il linguaggio poetico si adegua alle nuove richieste e si avvia decisamente verso<br />

l’eliminazione di gran parte dei moduli della scansione drammatica del verso e<br />

del crescendo delle esclamazioni e delle istanze imperative indispensabili all’enfasi<br />

parenetica. In breve, appaiono esperienze liriche spontanee, prive di una<br />

poetica organica, genericamente novecentesche. Lo si vede benissimo nel 1964,<br />

10 ROBERTO DOBRAN, L’esodo dei rimasti. Profi lo storico della poesia italiana dell’Istria e di Fiume 1945-2000.<br />

Facoltà di <strong>Le</strong>ttere e Filosofi a di Urbino, 1998, tesi di laurea, pp. 7-8.<br />

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