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Le parole rimaste - Edit

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Ligio Zanini<br />

scienza in genere o prosa ch’è una tipicità caratteristica unívoca” 932. Ma se si guarda<br />

alla poesia e alla letteratura senza paragonarla all’univocità del linguaggio scientifico,<br />

limitandoci cioè all’osservazione del solo rapporto inter-dialettico fra essa<br />

e la realtà in genere, allora è possibile osservare che il polisemantismo poetico<br />

non è per niente scontato.<br />

La poesia El mieo scardubulier ne è la dimostrazione. Per quanto da un lato sia<br />

vero che i lemmi-simboli hanno un doppio e quindi un polisemantico significato,<br />

ovvero uno letterale proprio dei vocabolari e un altro tipicamente metaforico<br />

(ad esempio il lemma «paguro» ha per un verso il significato da dizionario<br />

di «crostaceo e genere di crostacei decapodi marini dei paguridi», e per un altro<br />

verso ha il significato metaforico di «Potente»), dall’altro lato è ancora più vero<br />

che la combinazione di quei lemmi-simboli a livello denotativo non contengono<br />

alcun messaggio significativo. Si ottiene un non sense unitamente all’annullamento<br />

di ogni valore conoscitivo. La combinazione dei lemmi-simboli a livello<br />

allegorico, invece, produce un messaggio o significato o gnosis ben definiti. Pertanto<br />

la lirica Il mio attrezzo per catturare i paguri effettualmente non è polisemantica,<br />

perché acquista in logicità appena quando l’asse di lettura dei suoi lemmisimboli<br />

viene trasferito dal livello letterale-denotativo a quello traslativo-metonimico<br />

che ne costituisce l’univoca chiave interpretativa.<br />

Questa interessante discontinuità semantico-lessicale (dovuta alla mobilità<br />

applicativa dei lemmi-simboli nei diversi piani di scrittura/lettura) è riscontrabile<br />

anche nelle discordanti accezioni che il poeta dà in diversi testi a determinati<br />

lemmi-simboli, che risultano soltanto a prima vista affini. Ma invero non<br />

lo sono, perché le figure retorico-simboliche di quei lemmi assumono sensi discrepanti<br />

per via della diversità dei contesti in cui sono poste. A livello denotativo<br />

molti lemmi-simboli (quali i toponimi, i punti cardinali, i venti, il Mare, le<br />

battane, le reti di cotone, la lenza, le braci, le pecore e i pastori, i Potenti ecc.) e<br />

le loro costruzioni metaforiche e/o metonimiche hanno una comune base significativa<br />

e di pensiero, e perciò sono onnitestuali. Altri lemmi-simboli invece<br />

differiscono da una poesia all’altra, o addirittura capita che differiscano persino<br />

all’interno di una stessa lirica, sicché deve essere tenuta in considerazione la loro<br />

discontinuità applicativa e pure interpretativa.<br />

Zanini, quindi, non è poeta che tolleri una lettura schematica, buona per ogni<br />

componimento. I suoi versi possono essere simultaneamente denotativi e simbolici<br />

e allegorici, ma possono anche essere solo denotativi o solo metaforici<br />

e/o metonimici, per cui di volta in volta abbisognano di un approccio consono<br />

all’impostazione semantica data ad essi. Ossia abbisognano di un approccio<br />

mutuabile a seconda dell’uso variabile che il poeta fa dei lemmi-simbolo.<br />

932 GALVANO DELLA VOLPE, Critica del gusto, Milano, Feltrinelli, V ed., SC/10, 1979, p.114.<br />

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