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Le parole rimaste - Edit

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Giusto Curto<br />

te, cosicché La sparansa [La speranza] del 1973 è in effetti un titolo derisorio; il<br />

vero tema è quel gninte due volte ripetuto in fin di verso, che conferisce alla lirica<br />

una tetra eufonia. Pregna di polemiche allusioni la finale metafora delle candele<br />

nel verso finale.<br />

Giomo cameîna, par rastà gninte<br />

e da quisto feîl, sa siervo doûti<br />

el poûlpito pridica, ma nù cria gninte<br />

l’incenso cuvierzo la verità<br />

l’altar incanta cu i suoi sfarsi<br />

pioû candile, pioû scoûro ti vidi 981.<br />

L’atteggiamento di Curto è quello di un laudator temporis acti, cui non rimane<br />

che cantare il suo campicello, il suo ”logo” o il suo “rigno”, la sua piccola realtà<br />

quotidiana e condensare in versi epigrammatici una sua spicciola, melanconica<br />

filosofia della vita 982?<br />

Giudizio riduttivo e vero solo in parte. Perché, come ben si vede dalle citazioni<br />

autorali, non solo la nostalgia della calle com’era, della venditrice di pane<br />

calde [pannocchie calde], della tonbula de sa Gaspara delle prime braghe longhe si annida<br />

nel canto di Giusto Curto; è invece più esatto dire che quelli suddetti sono<br />

più che altro spunti e pretesti, un background, uno scenario su cui allestire i temi<br />

portanti: l’inquietante mistero della vita, l’indignato fastidio per la caducità della<br />

gioventù, la frustrazione per la carnalità smorzata ma non rassegnata, la donna<br />

ognora vagheggiata, la consapevolezza e la protesta per l’avvicinarsi della fine;<br />

l’amore per la vita – duro, tenace, irriducibile – nonostante tutto.<br />

Nu puoi insarà [Non posso chiudere] è, ad esempio, una lancinante dichiazione<br />

di biofilia:<br />

Fracando ste piere schibade<br />

oûgni baligo daventa quadro<br />

muchi muorti s’inpeîsa in veîta<br />

cume quila vuolta tanto veîvo.<br />

sempre l’uomo di ieri. // Era un tramonto sospeso nell’aria / e come cadevo, tornavo a essere<br />

l’uomo di ieri».<br />

981 La sparansa [La speranza]: «Gomitolo che si dipana, e resta niente / e di questo fi lo si servono<br />

tutti / il pulpito predica ma non crea nulla / l’incenso copre la verità / l’altare incanta con il suo<br />

sfarzo, / più candele, più scuro vedi».<br />

982 BRUNO MAIER, “La letteratura del gruppo etnico italiano dell’Istria e di Fiume”, in Antologia di<br />

“Istria Nobilissima” XXII/1989, p. 12.<br />

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