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Le parole rimaste - Edit

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366<br />

Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

che (non solo il rammarico per il tempo trascorso), elevandole nella dimensione<br />

di una sofferta consapevolezza” 664.<br />

Nella lirica Folate nemmeno la vecchiaia e l’attesa della morte sono quali erano<br />

in un passato neanche tanto lontano, eppure estinto. I vecchi, che nelle belle<br />

giornate si vedevano nei paesi d’Istria seduti – conformemente a una diffusa<br />

usanza mediterranea – “sulle sedie fuori casa”, adesso “non si vedono più”.<br />

Ed ora che Schiavato è entrato nella terza età, ora che la vecchiaia lo “prende<br />

d’assalto” 665, prova pure lui a sedersi “al sole tiepido”, ma senza ricavarne la pacata<br />

attesa dei vecchi d’una volta che con «le teste assopite sul petto / fissavano<br />

nelle vene ingrossate / l’ultimo sangue della vita». Dalla propria ‘sospensione’<br />

Schiavato – in questa lirica e in molte altre facenti parte della stessa raccolta –<br />

non riesce a ricavare un significato né dai «molti sogni svaniti» né dagli “inganni<br />

subiti” perché si sente piuttosto sommerso e schiacciato dal vuoto della voracità<br />

del tempo universale (il quale trasvola i destini individuali a prescindere la loro<br />

collocazione spazio-temporale) e del tempo specifico, quello riguardante le trasformazioni<br />

sociali e i mutamenti culturali provocati dalla modernità che, negli<br />

ultimi decenni del secolo scorso, ha travolto pure l’Istria rurale cancellandone<br />

molte consuetudini centenarie, come l’usanza dei vecchi di sedersi fuori casa,<br />

in strada, ad osservare il mondo che ‘continua a girare’ e a scambiare quattro<br />

chiacchiere con i passanti compaesani. Anche la natura, nella Voracità del tempo,<br />

s’è in buona parte trasformata. Essa ora viene descritta soprattutto con tonalità<br />

fosche: si mostra stanca, disperata e Schiavato non “ fotografa più paesaggi<br />

splendidi dove l’occhio a distanza misura la resistenza di una vita meno fragorosa<br />

ma tenace nella sua misurata sopravvivenza” 666. Ciononostante il poeta riesce<br />

ancora a ricavare da essa stimoli vivificanti, come nella lirica Sissol, in cui dice:<br />

Eppure mi sento protetto<br />

dal profumo di questa terra<br />

e risorgo nella speranza<br />

dell’erba che rispunterà tenera.<br />

o come nella lirica Estate, dove:<br />

664 ALESSANDRO DAMIANI nella Nota introduttiva alla raccolta scrive: “Poesia della memoria, o meglio,<br />

della meditazione: ossia l’incontro dell’immagine lirica del reale con la rifl essione sugli eventi<br />

che hanno lasciato la propria impronta. (…) Quando i due aspetti di questo «sentire» si fondono,<br />

si ha una compiutezza espressiva che è il segno sia di una acquisizione estetica che di un traguardo<br />

di umana saggezza”.<br />

665 Dalla lirica Lontano da me stesso.<br />

666 ELIS DEGHENGHI OLUJIĆ e MIRAN KOŠUTA, Versi diversi: poeti di due minoranze, Drugačni verzi: pesniki<br />

dveh manjšin, Unione Italiana, Koper/Capodistria, 2006, p. 217.

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