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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

centrata sul recupero della terminologia dialettale, delle tradizioni e dei costumi<br />

legati alle attività marinare e contadine locali, è testimonianza di come l’identità<br />

e l’appartenenza dei singoli e della comunità sentano il bisogno di alimentarsi<br />

della propria memoria, di radicarsi nella propria lingua. Pena il non saper più<br />

tessere la trama elementare ma solida del vivere e del comunicare quotidiano.<br />

Benussi partecipa a “Istria Nobilissima” nella categoria della prosa nel 1996 e<br />

nel 1999, ed è premiato per i racconti Cun la Gnagnàra [Con la Gnagnara] e Infra<br />

stuoria e fanta∫eîa [Tra storia e fantasia]. Quest’ultimo lavoro è una ricostruzione,<br />

basata in parte sui ricordi e in parte sulle informazioni trasmesse da Antonio<br />

Segariol (1888-1982), dell’angolazione marittima dell’antica Rovigno e del suo<br />

mitico passato che serve a riscattare, in termini realistici e in termini simbolici,<br />

con l’erudizione e l’immaginazione, la fanta∫eia apputo, la modestia di un presente<br />

deludente, piccolo e angusto.<br />

Nei suoi versi Benussi trascrive il suo mondo fatto di mare, di cielo, vento,<br />

scogli, animali e piante in un’autentica poesia, piena di forza e di luce e improntata<br />

a un senso puntuale e pregnante, insieme particolare e universale, del<br />

vivere umano e dei suoi eterni problemi. Nelle raccolte ritroviamo l’incanto<br />

dell’esistenza umana e della natura contemplate in una Rovigno che vale come<br />

luogo universale: il poeta coglie il miracolo della dimensione simbolica nel paesaggio<br />

rovignese, in cui la quotidianità diventa elegiaca. Ne risulta lo spaccato<br />

di un mondo ben delimitato nello spazio e nel tempo, uno spazio e un tempo<br />

che assumono riflessi arcaici e arcani. La fedeltà ostinata del poeta a questo<br />

mondo e al suo sistema di valori sembra assumere a momenti il senso dell’anacoretica<br />

e accorata testimonianza di un Eden in pericolo di estinzione, perché<br />

spiazzato da un mondo avvertito come inautentico e fuorviante, della nostalgia<br />

per una dimensione di autenticità e pienezza che la civiltà ha infranto per<br />

sempre, senza tuttavia sostituirla con un modello di convivenza di pari forza.<br />

Coerentemente con tali premesse, la poesia di Benussi si trasforma, di volta in<br />

volta, in dolcissima elegia, abbandono alla memoria, evocazione, preghiera, invettiva,<br />

e il poeta, con lei, veste sempre i panni di se stesso.<br />

Già nella prima silloge, Ancui marteîni, duman cucai [Oggi gabbiani giovani,<br />

domani gabbiani], compaiono tutti gli elementi forti della poetica di Benussi.<br />

Nella raccolta incipitaria il poeta propone la chiave d’accesso alla sua lirica con<br />

la quale intende salvare, sottraendolo all’inclemenza degli elementi e ai rovesci<br />

della storia, almeno il ricordo del mondo che si appresta ad evocare, costruendo<br />

con la propria lingua un suo grandioso profilo. Non si tratta di una poesia<br />

che nasce come riflesso immediato di un vissuto sofferto o quale risultante,<br />

languente e languida, di un’estenuante autoanalisi: siamo piuttosto di fronte ad<br />

una sorta di invasamento per il quale il poeta sembra essere spossessato di sé<br />

medesimo e quasi investito da un’urgenza che lo trascende.<br />

La poesia di Benussi si schiude naturalmente all’epos, che però conosce, oltre<br />

al registro dell’elegia, anche quello impietoso dell’ironia laddove i versi si

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