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Le parole rimaste - Edit

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548<br />

Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

e crissi in cuntéinuo<br />

sensa ‘l fóumo,<br />

intei uoci nui,<br />

da dóut’ i póulpiti.<br />

Góusto iè truvà<br />

a sbuséi<br />

ste scarduobule;<br />

par vandita<br />

li ma uò spacà<br />

la scena.<br />

Ma in cassiela<br />

el frà, davantà fuorto,<br />

el ma drissaruò da nuo 931.<br />

In questa lirica, servendosi della metaforica personificazione dei Potenti (tra<br />

l’altro vendicativi) nei crostacei paguri, Zanini lascia perspicuamente intendere<br />

la sua inesauribile insofferenza verso «ogni sorta di pulpito» e ogni fumosa gestione<br />

del potere. L’eversività si estrinseca nel «gusto a smascherare» i paguri (i<br />

nazionalismi slavi – il croato, lo sloveno e gli altri – nel secondo piano, e tutti i<br />

Potenti nel terzo piano di lettura), per scoprirne la vera faccia («l’addome molle»)<br />

a favore del «fratello più debole». L’eversività è nell’amore riposto in quel<br />

fratello (rovignese istrioto e/o italo-istriano-quarnerino nel secondo piano, e<br />

ogni singolo uomo nel terzo piano di lettura), con il quale si sente solidale e nella<br />

cui liberazione dall’oppressione confida vivamente. Il conseguimento del riscatto<br />

dalla soggezione rispetto ai Potenti, inoltre, riabiliterebbe il poeta e nello<br />

stesso tempo lo consolerebbe dei torti subiti. («Ma sulla bara il fratello, divenuto<br />

forte, mi raddrizzerà di nuovo»).<br />

Limitarsi a cogliere soltanto il piano denotativo, si rivelerebbe un’operazione<br />

destinata a lasciare il tempo che trova; si rischierebbe di impantanarsi nel nonsense,<br />

nell’assenza di qualsiasi significato, in quanto la decifrabilità della lirica dipende<br />

– in tutto e per tutto – dall’elocuzione metonimica del messaggio. Se confrontiamo<br />

la poesia o la letteratura con la scienza, si può concludere con Galvano<br />

Della Volpe che la poesia è “una tipicità caratteristica polisèma di contro alla<br />

931 El mieo scardubulier [Il mio attrezzo per catturare i paguri]: «Ho trascorso quasi / tutta la mia vita<br />

/ su questo attrezzo per catturare i paguri e, / sempre, sull’orlo delle secche in mare aperto. //<br />

Quale esca vi ho messo / l’amore per il fratello più debole, / per farlo nascere e crescere continuamente<br />

/ senza il fumo, / negli occhi nuovi, / proveniente da ogni sorta di pulpito. // Ho<br />

provato gusto / a smascherare questi paguri; / per vendetta / mi hanno spezzato la schiena. /<br />

Ma sulla bara / il fratello, divenuto forte, / mi raddrizzerà di nuovo».

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