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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo V | La seconda stagione: dal «noi» all’«io» (1963-1974)<br />

resistenziale raccontata ripetutamente nel fin troppo lungo dopoguerra e dagli<br />

anni ormai lontani dell’“edificazione del socialismo” e avevano abbandonato<br />

le operazioni di fiancheggiamento delle strutture politiche per continuare decisamente<br />

sulla strada dell’“io”. E se nella prevalenza di opere uscite dall’ambito<br />

privato rimase anche il “noi”, si trattava del senso di appartenenza alla comunità<br />

italiana istro-quarnerina, della volontà dei rimasti sul territorio di insediamento<br />

storico di ancorarsi, anche come poeti e scrittori all’identità ed alle peculiarità<br />

del proprio territorio e della propria comunità nazionale.<br />

Nel già citato “Rapporto” Borme accennò pure a “Istria Nobilissima” ed alle<br />

sue 17 tematiche, aggiungendo:<br />

ma ciò che ci rallegra è l’aumento del numero di coloro che si dedicano all’arte<br />

(…). Ne fanno fede le pubblicazioni periodiche del “Circolo dei poeti, letterati e<br />

artisti”. Per di più si avvertono sintomi incoraggianti di un graduale passaggio…<br />

alla ricerca di forme espressive artisticamente valide; i risultati degli ultimi concorsi,<br />

di “Istria Nobilissima” in particolare, sono in tal senso promettenti; sono<br />

state presentate creazioni più che dignitose.<br />

Il primo concorso “Istria Nobilissima” richiamò trentasette concorrenti per<br />

vari generi letterari. Di essi, sei furono premiati: Mario Schiavato, Giacomo<br />

Scotti, Alessandro Damiani, Claudio Ugussi, Giusto Curto (il cui nome affiorava<br />

per la prima volta nel microcosmo letterario della comunità italiana) e Ligio<br />

Zanini. Quest’ultimo ricevette il premio per una densa silloge dal titolo Mar<br />

quito e alanbastro [Mare quieto e limpido] che, insieme alle opere degli altri autori,<br />

fu pubblicata nell’Antologia delle opere premiate edita nel marzo del 1968, prima<br />

di una serie che tuttora continua. Con il suo Mar quito e alanbastro, composto da<br />

una ventina di liriche, scritte nella variante rovignese della parlata istroromanza,<br />

Zanini confermava l’ottimo avvio sulla strada della poesia in dialetto che era<br />

stato segnato nel 1966 dalla pubblicazione in Italia, a Milano, della primissima<br />

silloge di poesie in istrioto, dal titolo Buléistro [Brace sotto la cenere]. Per le opere<br />

premiate nella prima edizione di “Istria Nobilissima“, la giuria rilevò un generale<br />

“livello medio piuttosto elevato” di tutti i concorrenti “tra i quali emergeva<br />

l’opera di Ligio Zanini (...) per originalità del tema, freschezza di linguaggio,<br />

unitamente ad efficacia di espressione poetica nel trasfigurare in dignità di canto<br />

un’umile realtà della natura e dell’uomo”.<br />

Con le due prime raccolte, alle quali si aggiungerà nel 1972 Pubratéine [Fratello],<br />

Zanini non solo risvegliò fra i poeti connazionali istriani il bisogno di esprimersi<br />

anche o esclusivamente negli idiomi istroveneto e istroromanzo, ma portò<br />

l’istrioto rovignese all’apoteosi. Il lungo e fecondo cammino della poesia dialettale<br />

di Zanini era cominciato con la pubblicazione sulla «Battana», nel fascicolo n. 5 di<br />

novembre 1965, di un trittico di alto livello lirico. Poesie zaniniane in istroromanzo,<br />

sulla medesima rivista, furono pubblicate anche nel maggio 1968 e riappari-

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