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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo V | La seconda stagione: dal «noi» all’«io» (1963-1974)<br />

deve essere leale al paese in cui vive”, mentre è dovere della Nazione d’origine<br />

di “aiutare, senza porre alcuna condizione politica, lo sviluppo culturale del rispettivo<br />

gruppo etnico oltre confine”, ma<br />

perché questo possa avvenire veramente senza strumentalizzazioni di sorta,<br />

è necessario che il gruppo etnico possa fare liberamente le sue scelte,<br />

quindi possa organizzarsi e agire autonomamente ai fini del suo sviluppo<br />

culturale.<br />

L’“innocente critica letteraria” che Črnja diceva di aver scritto a proposito<br />

delle opere dei nostri poeti non era una critica e neppure innocente, sostenne<br />

<strong>Le</strong>ttis, ma poteva ridestare “sopiti allarmi e avere implicazioni politiche gravi”.<br />

Gli scritti di Črnja portavano acqua “al mulino delle forze sotterranee (che<br />

esistono, e minimizzarlo non serve alla buona causa) che minano l’unità tra la<br />

gente di diversa nazionalità convivente nella nostra regione”. Bisognava perciò<br />

che gli intellettuali croati smettessero di seminare lo sciovinismo, e rimuovessero<br />

quella “muffa”:<br />

Fino ad allora, tanto per fare un esempio, un sacco di gente riterrà tradimento nazionale<br />

il proporre che il Dramma italiano visiti Abbazia, Laurana e Lussino, per<br />

non parlare di altre iniziative, come aprire sale di lettura là dove un tempo fiorivano<br />

Circoli di cultura e scuole italiane poi chiuse d’autorità. Mediti su questa realtà il<br />

compagno Črnja e ci dica se non abbiamo ragione di sensibilizzarci quando in pubblicazioni<br />

varie, che parlano dell’Istria, gli italiani vengono ignorati o presentati in<br />

modo distorto o equivoco.<br />

<strong>Le</strong>ttis concludeva la polemica augurandosi un’unità italo-croata per rompere<br />

“le corna a tutti gli invasati dai demoni nazionalistici”, che si smettesse<br />

di contrapporre il vecchio detto croato di “Istria infelice” o “Istria poveretta”<br />

all’italiana “Istria Nobilissima“; era un errore considerare storicamente infelici<br />

(e oppressi) tutti i croati e felici (oltre che oppressori) tutti gli italiani. “La<br />

verità è un’altra: da una parte italiani e Croati infelici, dall’altra italiani e Croati<br />

felicissimi, a seconda della posizione sociale e dei rapporti che essi avevano<br />

con il ‘principale’ come dice Giusti in una nota poesia“. Certi “socialisti”<br />

nostrani, concludeva, “vorrebbero instillarci il complesso di colpa anche per<br />

quanto subito dagli Ostrogoti ad opera dei Romani”. E in attesa che venissero<br />

“illuminati veramente certi momenti della nostra storia”, citava un pensiero<br />

di Mazzini, il quale sottolineava che la nazione è un mezzo, essendo l’umanità<br />

il fine.<br />

Purtroppo, la tensione non si allentò nei mesi successivi, ma non cessarono<br />

neppure gli sforzi degli operatori culturali del gruppo nazionale italiano, tesi<br />

alla salvaguardia dei diritti acquisiti ed alla conquista di nuovi spazi.

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