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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

per dare un’impressione di agiatezza che non ha mai avuto, rifugiandosi in un<br />

mondo mitico da romanzetti rosa. Molti i personaggi abbandonati e solitari che<br />

somatizzano in vario modo la propria solitudine: chi scrivendo lettere a se stesso,<br />

chi parlando alla moglie morta, chi, infine, coltivando in città inutili piante<br />

che non possono attecchire, chi cercando tesori, chi parlando coi mariti defunti.<br />

Compaiono persino le odierne badanti, Tosca e Fedora, due fiumane dalla vita<br />

misera e grama che si fingono dame di compagnia e che devono i loro nomi alla<br />

passione per il teatro della madre, vissuta fuori dal mondo in attesa di ricongiungersi<br />

al caro scartozeto morto.<br />

Questi personaggi sono raccontati in una prosa realisticamente rappresentativa<br />

delle loro motivazioni psicologiche ed esistenziali, talvolta improntata al lirismo.<br />

L’autore sa esprimere la sua umana comprensione e pietà nei loro confronti,<br />

sa scoprire nel loro animo semplice un raggio di umanità e socialità.<br />

Immutata è, dunque, la sua coscienza critica che sembra far rivivere le tormentate<br />

vicende della sua epoca attraverso il filtro di un’adesione affettiva ai<br />

luoghi e alle figure della propria esperienza biografica.<br />

Il microcosmo della piccola patria fiumana è dunque il punto di osservazione<br />

della dura vita dei suoi personaggi: i loro profili si determinano gradualmente in<br />

tutta la loro dolente intensità. Come sempre Schiavato si esprime con uno stile<br />

asciutto, sobrio, con un ritmo agile ed estrema semplicità di <strong>parole</strong> ed immagini;<br />

il linguaggio è discorsivo, affettivo; frequenti sono le inserzioni colloquiali che<br />

testimoniano l’importanza e la preponderanza dell’oralità sulla scrittura.<br />

E giungiamo a un’epoca assai vicina: con il racconto <strong>Le</strong> voci dentro (ancora inedito)<br />

lo scrittore ha ottenuto il primo premio “Istria Nobilissima” nel 2006 con la<br />

seguente motivazione: “un ricordo che parte dal ricordo personale, un viaggio che<br />

diventa simbolo di un esistere i cui valori arcaici si proiettano nel divenire storico,<br />

incoercibile. La sintassi restituisce perfettamente l’itinerario di questo moderno<br />

odisseo, che si muove in uno spazio e in un tempo interno, oltre che esterno.”<br />

Ancora una volta il racconto di una vita, pur rivissuta da un’angolatura diversa:<br />

il nucleo da cui irradia la narrativa di Schiavato è, nuovamente, la profonda<br />

saggezza del protagonista, che, questa volta, è un vecchio marinaio di Ossero.<br />

Nell’ultima fase della sua tormentata esistenza egli ripercorre il suo “tempo”<br />

che sta per scadere, i ricordi degli infiniti viaggi e navigazioni che dalla miseria<br />

della sua piccola squallida casa col balidor l’hanno portato in tutti i mari del mondo.<br />

Lontane umiliazioni, risentimenti, insoddisfazioni, rimpianti di una vita dura<br />

e terribilmente difficile, memorie frantumate di epoche remote, illuminate soltanto<br />

dall’affetto del nonno e da un grande amore non realizzato si effondono<br />

in presentimenti di epilogo, si disarticolano in lacrime trattenute e ferite nascoste.<br />

Vi è, però, nei ricordi delle pulsioni, delle voglie, delle angustie, delle angosce,<br />

delle sofferenze e dei disincanti di Franz Ivancich (poi Francesco Di Giovanni<br />

e infine Franjo Ivančić, classe di ferro 1895, vissuto sotto l’Austria, l’Italia<br />

e la Jugoslavia) una tensione, una resistenza morale, un’accettazione sostanziale

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