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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo II | Gli anni postbellici (1945-1950)<br />

Fingendo di ignorare i problemi di spazio, di repertorio e di pubblico 234, Pilepich<br />

sottolinea i vantaggi di cui la compagnia godrebbe spostando la propria sede<br />

in una sala cinematografica lontana dal centro: maggior libertà di lavoro, più possibilità<br />

di prove e capienza di circa 300 posti corrispondente all’affluenza media<br />

del pubblico agli spettacoli. L’articolo di Pilepich rivela le contraddizioni: si tratta,<br />

secondo lui, di “sciocchezze”, ma 5 attori vengono licenziati; si tratta di “dicerie”,<br />

ma il Teatro verrà “riorganizzato” per cui il Dramma si trasferirà in una sala<br />

cinematografica, ecc. È interessante notare che, a parte la notizia di una successiva<br />

rappresentazione del Dramma Italiano in una Casa di cultura periferica, per<br />

molto tempo il quotidiano non registra l’attività del complesso teatrale italiano<br />

mentre, nel contempo, abbondano gli articoli dello stesso Pilepich riguardanti le<br />

rappresentazioni teatrali in lingua croata. «La Voce del Popolo» preferisce tacere<br />

(o forse è soltanto costretta dalle direttive di Partito a rimanere in silenzio) a proposito<br />

della crisi vissuta dal Dramma Italiano nel 1956, spostando la sua attenzione<br />

verso recensioni di spettacoli teatrali del Dramma croato.<br />

Tra i generi che contribuiscono a diminuire il divario che spesso si può creare<br />

tra letteratura e giornalismo va collocato il reportage. È un genere giornalistico<br />

mai del tutto personale, perché, oltre che presentare le impressioni e i commenti<br />

dell’inviato speciale, reca sempre in sé un intento didattico e formativo. Se<br />

si tratta di luoghi e di culture distanti da quella istriana, come ad esempio quella<br />

macedone o bosniaca, si sottolinea l’elemento della differenza mettendone in risalto,<br />

in una luce positiva, il lato curioso, insolito e di costume. Un’operazione<br />

del genere è necessaria, in quanto richiesta dai vertici del Partito. Nella Jugoslavia<br />

multietnica Tito si dimostra cosciente nei riguardi della notevole differenza tra le<br />

culture unite nella federazione e cerca, con tutti i mezzi possibili, di realizzare la<br />

conoscenza e il rispetto reciproco delle usanze specifiche di ciascun popolo. Si<br />

rende conto cioè che l’elemento ideologico-politico non può essere l’unico anello<br />

di congiunzione e di comunicazione se si vuole ottenere e mantenere l’“unità<br />

e fratellanza” nel Paese. Questo genere di reportage sottolinea ripetutamente, in<br />

uno stile non lontano da quello zdanoviano altrimenti già bandito in letteratura,<br />

l’importanza della forza e dell’uguaglianza ideologica delle masse.<br />

Il giornalista, spesso, volge particolare cura all’aggettivazione, attento a<br />

descrivere la natura e la città: “case ridenti”, “scuole sorridenti in mezzo ad<br />

aiuole variopinte”. Nella descrizione dei paesaggi vengono intercalate citazioni<br />

tratte dai canti popolari e patriottici. In soccorso dell’idealismo comunista<br />

accorrono sempre i valori irriducibili della fratellanza e dell’unità socialista,<br />

un buon viatico per mettere al lavoro i volontari di etnie diverse e fargli<br />

234 La maggior parte degli appartenenti al Gruppo Nazionale Italiano abita in quartieri periferici.<br />

All’urbanizzazione veloce della città non corrisponde un altrettanto rapido incremento dei mezzi<br />

di comunicazione tra periferia e città. Per le scarse comunicazioni urbane è opportuna, quindi,<br />

una posizione centrale per un qualsiasi ente di cultura italiano.

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