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Le parole rimaste - Edit

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Forme della comunicazione letteraria nella «Voce del Popolo»<br />

Una decisione simbolica risulta essere quella riportata a conclusione del reportage,<br />

in cui l’anonimo articolista puntualizza:<br />

Quella sera, come l’ho appreso più tardi, nelle strette botteguzze della piazza e in<br />

numerose case di tutti i rioni della città si erano radunati i frontisti nelle loro organizzazioni<br />

di base. Hanno parlato più di tutti i membri del fronte di religione<br />

mussulmana. Quelli più giovani hanno richiesto con insistenza la luce per le loro<br />

sorelle. Gli anziani, in segno di approvazione, sollevavano in alto i loro bocchini<br />

richiedendo la stessa cosa per le loro figlie. <strong>Le</strong> donne silenziose e taciturne, come<br />

loro abitudine, hanno detto apertamente: “Attraverso il velo il nostro mondo è<br />

oscuro e senza luce”.<br />

Il primo obiettivo del comunismo era l’annullamento del sacro, tuttavia i<br />

giornalisti della «Voce», pur essendo attenti a non uscire dagli indirizzi ideologici<br />

dominanti, nella loro documentazione fatta di persona, aggiungono osservazioni<br />

acute ai colloqui con personaggi dai quali emerge una diversa visione del<br />

Paese, che non sempre coincide con la retorica ufficiale. Grazie all’immediatezza<br />

del cronista dall’occhio attento e dalla penna facile, viene a galla ciò che<br />

dell’antico fondo religioso rimane sotto la raggelante crosta della “modernità”<br />

e, soprattutto, sotto la patina imposta dal regime.<br />

La Seconda guerra mondiale è l’imprescindibile referente, un orizzonte con<br />

cui quasi tutti i reportage devono fare i conti. Il fatto storico viene usato come<br />

momento di confronto e punto di superamento, dopo la liberazione, di ogni<br />

difficoltà oggettiva precedentemente riscontrata. Detto in altre <strong>parole</strong>, nei<br />

servizi che tematizzano la guerra e la ricostruzione – e sono un gran numero<br />

– l’articolista tende a suddividere nettamente i contenuti del “prima” e del<br />

“dopo”, offrendo un’immagine chiaramente positiva e, a volte superlativa,<br />

delle conquiste politiche, sociali, culturali ed economiche del Paese. Tale mescolanza<br />

di giornalismo e di agit-prop è stata un coacervo che ha funzionato<br />

per decenni.<br />

L’inviato speciale gode di una maggiore libertà. Per libertà s’intendono le<br />

possibilità espressive che offre il genere reportage, stando a metà strada tra giornalismo<br />

e letteratura. La prosa è più semplice, rapida, cerca di limitare in poco<br />

spazio i contenuti che intende esprimere, ma è pure più curata, attenta al dettaglio,<br />

al pittorico, all’aneddotico e al colore di quanto lo siano gli altri articoli di<br />

terza pagina. Si notino le descrizioni precise che Giacomo Scotti fa a proposito<br />

dei costumi dignanesi:<br />

Ancora dopo l’Ottocento i figli del popolo conservano l’antica foggia del vestire:<br />

lo smagliante costume femminile, policromo di sete e trine e broccati, il “tovagliol”<br />

sulla testa, lo “zendado” e la “figheretta”, le gonne sfaldate ed orlate<br />

di rosso e argento, gli orecchini “piruli”, collane d’oro con pendagli – qualcosa<br />

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