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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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poeti e la parola del filosofo, per cui si è parlato di ‘rifiuto della poesia’ da parte di Platone,<br />

l’enfasi sugli interessi letterari del gruppo di academici diventa significativa e precisamente<br />

motivata.<br />

Nonostante le descrizioni della perfetta impassibilità di Polemone di fronte alle<br />

rappresentazioni teatrali e alla lettura dei testi poetici, non è possibile parlare nè di rifiuto nè<br />

di ostilità nei confronti della rappresentazione tragica 278 . Al contrario, il resoconto biografico<br />

di Polemone tiene a sottolineare che egli era un « ammiratore di Sofocle () e<br />

sopratutto di quei versi alla cui composizione, secondo il poeta della Commedia, “un cane<br />

molosso forse partecipò” e di quelli che, secondo Frinico, non sono “non mosto, non miscela,<br />

ma puro vino di Pramno” » 279 . Polemone leggeva dunque Sofocle volentieri e ammirava in<br />

particolare certi versi che Diogene Laerzio designa facendo ricorso alle parole di altri due<br />

maestri del teatro greco. Non è facile determinare se le due frasi fossero state selezionate già<br />

da Polemone stesso o meno ; in ogni caso si nota che le due frasi fanno riferimento a una<br />

tipologia precisa di versi. Alcuni versi di Sofocle, secondo un’espressione di Aristofane,<br />

davano l’impressione che « un cane molosso » avesse preso parte alla loro composizione : ciò<br />

sta a significare che tali versi davano l’impressione di esser stati redatti con estrema<br />

attenzione e tensione morale. Parimenti, la seconda frase, presa in prestito da Frinico, presenta<br />

una similitudine tra i versi della poesia e i differenti tipi di vino, portando l’attenzione<br />

sull’antagonismo tra i versi che sono « miscela », mescolati ad elementi estranei alla loro<br />

natura, e quelli che invece hanno un profumo autentico, anche se forse più aspro, come il vino<br />

di Pramno. È legittimo domandarsi se si tratti di un criptico riferimento polemico allo stile di<br />

Euripide. Già al paragrafo precedente del bios di Polemone in Diogene Laerzio viene sfruttata<br />

un’espressione polemica di Aristofane diretta contro lo stile di Euripide al fine di definire per<br />

contrasto il carattere nobile dello stile argomentativo di Polemone : « Era dunque raffinato e<br />

di buona natura, evitava le espressioni “marinate nell’aceto e nel silfo” che Aristofane<br />

attribuisce a Euripide e che, come dice (Aristofane) : sono sconcezze contro natura fatte su<br />

grosso pezzo di carne » 280 . Le opere di Aristofane dalle quali sono tratte queste citazioni non<br />

ci sono arrivate, tuttavia, a partire dalle Rane e dalle Tesmoforiazuse, i commenti velenosi del<br />

metateatro di Aristofane risultano ben familiari. Nelle Rane in particolare, attraverso la<br />

rappresentazione comica di una competizione tra poeti alla presenza di Dioniso, un vero e<br />

proprio agone nell’agone, Euripide viene accusato d’aver oltraggiato la morale per via della<br />

sua rappresentazione della realtà quotidiana. Per ciò egli non può essere scelto dal dio per<br />

278 Punto di partenza teorico è qui la prospettiva adottata da Babut (1985), pp. 72-92.<br />

279 D.L. IV, 20. Cfr. Arist., Rhet. 1404 b 20-21.<br />

280 D.L. IV, 18-19; fr. 128 Kassel & Austin. Nell'articolo Gigante (1963), p. 239, si congettura che questi versi si<br />

inseriscono bene nel di Aristofane, dove sembrerebbe che uno dei personaggi caratterizzava così<br />

gli aspetti non eschilei o anti-eschilei del nuovo stile tragico di Euripide.<br />

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