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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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argomento di Lucullo ha ricevuto il relativo pendant, Cicerone si ferma a riflettere sullo stile<br />

scarno del suo parlare, sull'abbondanza delle minuzie filosofiche e lo scarso valore retorico di<br />

tutto il discorso. La causa di ciò viene rintracciata nella presenza, fin qui tangibile, ma non<br />

apertamente esplicitata, dei modi concettuali propri dello stoicismo, delle sue modalità<br />

argomentative, delle questioni da esso sollevate (v. Luc. 112: “Ac mihi videor nimis etiam<br />

nunc agere ieiune. Cum sit enim campus in quo exultare possit oratio, cur eam tantas in<br />

angustias et Stoicorum dumeta compellimus?”). Con altri interlocutori filosofici il discorso si<br />

sarebbe sviluppato diversamente: (Ibid.) “Si enim mihi cum Peripatetico res esset, (...), cum<br />

simplici homine simpliciter agerem nec magno opere contenderem (...)”. È questo il pretesto<br />

per ripensare i 'riferimenti autoritativi' avanzati da Antioco, ovvero per mostrare quanto<br />

l'Antica Academia e il Peripato si trovino totalmente fuori contesto rispetto a quanto finora<br />

discusso. Il problema dei 'riferimenti autoritativi', vale a dire del ricorso all'autorità dei filosofi<br />

del passato, ritorna a vari livelli nel testo degli Academica. La prima accusa mossa da<br />

'Lucullo-Antioco' agli Academici (scettici) 374 è infatti quella di ricorrere all'autorità degli<br />

antichi filosofi in modo fraudolento: (Luc. 13): “Primum mihi videmini (...) cum veteres<br />

physicos nominatis facere idem quod seditiosi cives solent cum aliquos ex antiquis claros<br />

viros proferunt quos dicant fuisse populares, ut eorum ipsi similes esse videantur”; (Luc. 14):<br />

“Similiter vos cum perturbare ut illi rem publicam sic vos philosophiam bene iam constitutam<br />

velitis, Empedoclem, Anaxagoran, Democritum Parmeniden Xenophanen, Platonem etiam et<br />

Socratem profertis”, cfr. Ac.libri I, 44-45. Il ricorso all'autorità dei filosofi presocratici che si<br />

sono occupati di physis da parte degli Academici (scettici) viene equiparato, seguendo il punto<br />

di vista di Antioco, a una manipolazione politica della storia. Tuttavia l'idea di un ricorso<br />

all'autorità nell'ambito della filosofia scettica risulta quantomeno problematica: come anche il<br />

portavoce di Antioco ricorda, lo scettico si fa guidare dalla ratio piuttosto che dall'auctoritas<br />

(v. Luc. 60: “restat illud quod dicunt veri inveniundi causa contra omnia dici oportere et pro<br />

omnibus. Volo igitur videre quid invenerint. 'Non solemus' inquit 'ostendere'. Quae sunt<br />

tandem ista mysteria, aut cur celatis quasi turpe aliquid sententiam vestram? 'Ut qui audient'<br />

inquit 'ratione potius quam auctoritate ducantur'. Quid si utrumque, num peius est?”; cfr.<br />

Tusc. V, 83; ND I, 5; De div. II, 150). D'altrocanto Cicerone dà testimonianza di un certo<br />

interesse all'interno della prospettiva scettica nel ripercorrere all'indietro la storia dei suoi<br />

potenziali precursori, per legarsi saldamente, – questo è poi lo scopo principale – alla<br />

tradizione socratico-platonica, v. Luc. 72: “nos autem ea dicimus nobis videri quae vosmet<br />

ipsi nobilissimis philosophis placuisse conceditis”; Luc. 74: “Et ab iis aiebat removendum<br />

374 Le parentesi intendono enfatizzare il fatto che l'appellativo 'scettico', riferito ai filosofi academici fino al I<br />

sec. a.C., è anacronistico, per quanto descrittivamente efficace. L'aggettivo occorre per la prima volta nelle<br />

fonti a nostra disposizione in Numenio presso Eusebio, Praep.ev. XIV, 6, 4-6 = LS 68 F, e designa in primo<br />

luogo lo scetticismo pirroniano.<br />

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