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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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* plerique Stoici non putant voluptatem ponendam"; il riferimento alla 'maggior<br />

parte' degli stoici implica l'esistenza di un dibattito interno allo stoicismo: almeno<br />

'qualcuno' degli stoici includeva il piacere tra gli oggetti di appetizione naturale, in<br />

posizione verosimilmente subordinata rispetto al processo di 'appropriazione a se<br />

stessi' e alla dinamica istintuale di 'auto-conservazione'; v. Philippson (1932), pp.<br />

454-455. Nel testo varroniano parafrasato da Agostino (De civ. Dei XIX, 1, 2), il<br />

piacere e l'assenza di dolore vengono invece sussunti all'interno degli elementi che<br />

compongono i prima naturae: "aut voluptatem, (...), aut quietem, (...), aut<br />

utramque, (...) aut universaliter prima naturae, in quibus et haec sunt et alia, vel<br />

in corpore, ut membrorum integritas et salus atque incolumitas eius, vel in animo,<br />

ut sunt ea, quae vel parva vel magna in hominum reperiuntur ingeniis"; 2: "Ex<br />

illis autem quattuor rebus Varro tres tollit, voluptatem scilicet et quietem et<br />

utrumque; non quod eas improbet, sed quod primigenia illa naturae et voluptatem<br />

in se habeant et quietem"; tuttavia il testo ciceroniano ci tiene a precisare che la<br />

questione dell'inclusione o meno del piacere tra i beni (del corpo) è controversa e<br />

possiamo immaginare che tale fosse anche per Antioco : v. Fin. V, 45: "In<br />

enumerandis autem corporis commodis si quis praetermissam a nobis voluptatem<br />

putabit, in aliud tempus ea quaestio differatur. Utrum enim sit voluptas in iis<br />

rebus quas prima secundum naturam esse diximus necne sit, ad id quod agimus<br />

nihil interest". Sulla base del passo in oggetto e di quello appena citato, Giusta<br />

(1964-1967), vol. I, pp. 88, ritiene invece che Antioco si fosse esplicitamente<br />

pronunciato contro l'inclusione e che questo possa essere anzi uno dei tratti<br />

distintivi per riconoscere la sua posizione all'interno dei testi; la controversia<br />

nascerebbe dal fatto che la posizione peripatetica veniva associata con una forma<br />

di edonismo, come del resto testimonia Alessandro d'Afrodisia, contestando<br />

fermamente l'interpretazione di coloro che ritengono che per Aristotele l' h(donh/<br />

sia il πρῶτον οἰκεῖον sulla base per esempio di EN 1104 b 30 – 1105 a 1 : "τριῶν<br />

γὰρ ὄντων τῶν εἰς τὰς αἱρέσεις καὶ τριῶν τῶν εἰς τὰς φυγάς, καλοῦ<br />

συμφέροντος ἡδέος, καὶ [τριῶν] τῶν ἐναντίων, αἰσχροῦ βλαβεροῦ λυπηροῦ,<br />

περὶ ταῦτα μὲν πάντα ὁ ἀγαθὸς κατορθωτικός ἐστιν ὁ δὲ κακὸς ἁμαρτητικός,<br />

μάλιστα δὲ περὶ τὴν ἡδονήν· κοινή τε γὰρ αὕτη τοῖς ζῴοις, καὶ πᾶσι τοῖς ὑπὸ<br />

τὴν αἵρεσιν παρακολουθεῖ· καὶ γὰρ τὸ καλὸν καὶ τὸ συμφέρον ἡδὺ φαίνεται",<br />

v. Alex. Aphr., De anima libri mantissa 151-152. In una fase più antica del<br />

dibattito sull'edonismo, risulta interessante notare come Speusippo sembrerebbe<br />

essersi opposto alla tesi che il piacere è un bene e aver pensato invece che il<br />

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