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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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(cohortationes, obiurgationes, consolationes, miserationes, omnisque ad<br />

omnem animi motum et impulsio et, si ita res ferat, mitigatio).<br />

La prima parte della classificazione (cognitio) Cicerone dichiara di ricavarla da dei non<br />

meglio precisati 'uomini molto dotti': « Atque eae quidem disceptationes quae ad<br />

cognitionem referuntur sic fere a doctissimis hominibus describuntur » (117). E poco dopo<br />

parla in generale della nuova tecnica dell'argomentazione come di qualcosa preso dalle<br />

stesse persone da cui i cultori dell'eloquenza sono stati derubati: « sumenda sunt nobis ab<br />

eis ipsis a quibus expilati sumus ». Ritornando alla storia dell' 'assurda separazione' se ne<br />

ricava che l'eloquenza è stata privata dei suoi diritti dai filosofi (Socrate in primis) che<br />

hanno criticato e disprezzato l'arte retorica. Tra questi filosofi tuttavia esistono dei<br />

doctissimi homines da cui Cicerone attinge l'idea dei topoi applicati alla cognitio. Che<br />

questi innominabili filosofi siano Aristotele e i peripatetici 183 viene suggerito non solo dal<br />

particolare statuto di cui gode Aristotele nei testi di Cicerone 184 , in particolare a proposito<br />

dei suoi contributi all'organizzazione ed elaborazione dei principi della retorica 185 , ma<br />

sopratutto dal fatto che tutta la classificazione viene presentata nei Topica innanzitutto<br />

come un'esplicitazione di una metodologia aristotelica in origine, adattata alle esigenze<br />

dell'interlocutore di Cicerone.<br />

L'orator ciceroniano dunque padroneggia la dialettica in utramque partem d'origine<br />

aristotelica 186 e sopratutto la teoria dei loci applicati, che gli consente di reperire<br />

facilmente le diverse modalità argomentative che ogni particolare materia richiede 187 ,<br />

trasferendo inoltre la discussione dal piano del particolare al piano dell'universale:<br />

183 A proposito del rapporto dei peripatetici contemporanei di Cicerone con la retorica, v. Quint., Inst. Or. II, 15, 19:<br />

« quorum fuit Ariston, Critolai Peripatetici discipulus, cuius hic finis est: scientia videndi et agendi in quaestionibus<br />

civilibus per orationem popularis persuasionis ».<br />

184 v. e.g. Tusc. I, 7: « Aristoteles, vir summo ingenio, scientia, copia, cum motus esset Isocratis rhetoris gloria, dicere<br />

docere etiam coepit adolescentes et prudentiam cum eloquentiam iungere, sic nobis placet nec pristinum dicendi<br />

studium deponere et in hac maiore et uberiore arte versari. ».<br />

185 v. De inventione II, 5.<br />

186 La dissertatio in utramque partem rientra allo stesso modo nella descrezione ciceroniana del suo metodo academico<br />

in Luc. 7-8: « neque nostra disputationes quidquam aliud agunt nisi ut in utramque partem dicendo eliciant et<br />

tamquam exprimant aliquid quod aut verum sit aut ad id quam proxime accedat »; cfr. Ac.libri I, 46: « Plato, cuius<br />

in libris nihil adfirmatur et in utramque partem multa disseruntur ». Si assume generalmente che l'attitudine<br />

academica manifestata da Cicerone nel testo degli Academica corrisponda all'interpretazione clitomachea della<br />

scetticismo academico, piuttosto che a quella filoniana dei 'libri romani', v. Lévy (1992a).<br />

187 v. Reinhardt (2003), p. 11-12, per il quale la teoria dei loci è sostanzialmente un metodo per argomentare in<br />

utramque partem sulla medesima proposizione, potenzialmente supportato da frasi come De part.or. 51: « quoniam<br />

in utramque partem sunt exempla et item ad coniecturam faciendam loci ».<br />

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