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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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compatto di discepoli fa da cerniera neutrale nell'assicurare il passaggio senza alterazione<br />

degli insegnamenti di Platone dai primi discepoli alla fase successiva, in cui l'esigenza di<br />

revisione della dottrina invece preme con urgenza. La cura con la quale i filosofi academici<br />

custodiscono il patrimonio intellettuale ricevuto dai predecessori viene presentata come un<br />

momento particolare ed in certa misura irripetibile della storia della tradizione. Si tratta infatti<br />

di un passaggio 'neutro', che non interviene ad alterare la dottrina, ma che, a differenza delle<br />

crepe inflittegli da Aristotele e i suoi discepoli, la presenta alla fase successiva perfettamente<br />

intatta. Quale sia la precisa relazione tra gli interventi peripatetici di modifica rispetto alla<br />

dottrina platonica e il corrigere conatus di Zenone non viene specificato nel testo, ma è<br />

evidente che le due cose fanno parte della medesima storia, ovvero che la dottrina peripatetica<br />

e la dottrina stoica vengono considerate come esiti diversi della medesima fonte. Affinché<br />

questa presentazione risulti efficace, la fase rappresentata da Polemone e i suoi più stretti<br />

discepoli deve essere ridotta a una fase a impatto zero, descritta funzionalmente attraverso la<br />

metafora del discepolo fedele e diligente. Tra tutti i contesti dove troviamo rappresentata la<br />

prospettiva di Antioco, il discorso di Varrone è quello che maggiormente mette in risalto il<br />

rapporto di positiva filiazione dello stoicismo dalla tradizione academica. Altrove (cfr. T. 45 =<br />

Fin IV, 45), il discorso tende invece a mettere l'accento sulla deviazione di Zenone dal<br />

pensiero degli antichi, in particolare nell'aver escluso dalla formula del fine della vita umana<br />

la menzione del risultato delle tendenze naturali. Di conseguenza il discorso di Varrone evita<br />

ogni valutazione polemica sullo stile e sul linguaggio stoico, dipingendo Zenone addirittura<br />

come un più valido erede della tradizione academico-peripatetica rispetto ad Arcesilao, in<br />

particolare dal punto di vista delle capacità argomentative.<br />

T. 42 : CICERO, DE FINIBUS BONORUM ET MALORUM II, 11, 34-35.<br />

In his primis naturalibus voluptas insit necne, magna quaestio est; nihil vero putare esse<br />

praeter voluptatem, non membra, non sensus, non ingeni motum, non integritatem<br />

corporis, non valetudinem [corporis], summae mihi videtur inscitiae. Atque ab isto capite<br />

fluere necesse est omnem rationem bonorum et malorum. Polemoni et iam ante Aristoteli<br />

ea prima visa sunt quae paulo ante dixi. Ergo nata est sententia veterum Academicorum et<br />

Peripateticorum, ut finem bonorum dicerent secundum naturam vivere, id est virtute<br />

adhibita frui primis a natura datis.<br />

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