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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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non nova te rebus nomina imponere. Ratio enim nostra consentit, pugnat oratio"). Segue una<br />

critica incalzante alla concezione stoica del sommo bene: l'accusa mossa da Cicerone è quella<br />

di 'inconsequentia', di non rispettare le premesse del discorso etico. Posto che lo stoicismo è<br />

d'accordo sul principio della 'commendatio naturae', il quale, nell'esposizione ciceroniana di<br />

Fin. IV, equivale grossomodo a un istinto di auto-conservazione, porre il 'vivere moralmente'<br />

(honeste vivere) come unico fine della vita dell'uomo, equivale a un rispetto solo parziale<br />

delle premesse condivise. Il 'vivere moralmente' equivarrebbe infatti a prendere in<br />

considerazione solo l'anima, ovvero una sola delle due componenti fondamentali dell'uomo<br />

(Fin. IV, 28: "summum bonum id constituit, non ut excellere animus, sed ut nihil esse praeter<br />

animum videretur"). È evidente che la critica di Cicerone dà per condivisa una concezione<br />

antropologica bipartita (Fin. IV, 16: "Idemque diviserunt naturam hominis in animum et<br />

corpus"), dove il corpo e le sue prerogative entrano in dialogo con quelle dell'anima (Fin. IV,<br />

30: "bona autem corporis...habent...accessionem dignam"). In quest'ultimo passaggio<br />

dell'argomentazione del IV libro del De finibus si può riconoscere il perno della riflessione di<br />

Antioco d'Ascalona 543 , il quale ritiene di poter ritrovare nella tradizione vetero academica una<br />

valida alternativa all'intellettualismo stoico 544 .<br />

Commento<br />

A)<br />

– a quo quae essent principia naturae acceperat: ai( prw=tai a)rxai/ ; v. Plut.,<br />

De amore prolis 495c: "...γενναῖα καὶ καλὰ καὶ φερέκαρπα τούτων σπέρματα<br />

παρέσχε τὴν πρὸς τὰ ἔγγονα χάριν καὶ ἀγάπησιν, ἀκολουθοῦσαν ταῖς πρώταις<br />

ἀρχαῖς". cfr. Galenus, DePlac.Hipp.et Plat. V, 478, p. 334 De Lacy = fr. 151<br />

Edelstein-Kidd: « kai£ Zh/nwn, ei) de£ tai=j tou= Pla/twnoj a)rxai=j e(/poito<br />

Klea/nqei te kai£ Poseidwni/% paraplhsi/wj...».<br />

543 Cfr. August., DeCiv.Dei XIX, 3.1: « primum, quia summum bonum in philosophia non arboris, non pecoris,<br />

non Dei, sed hominis quaeritur, quid sit ipse homo, quaerendum putat. Sentit quippe in eius natura duo esse<br />

quaedam, corpus et animam, (…); an vero nec anima sola nec solum corpus, sed simul utrumque sit homo ,<br />

(...) ».<br />

544 In base a questo aspetto del pensiero di Antioco, Dörrie (1987), p. 319-320, ritiene di poter contestare la<br />

legittimità dell'operazione intellettuale dell'Ascalonita. Sulla base di Alc. I 129e-130c ; Phaedo 64-65; il<br />

platonismo si caratterizza come una forma di intellettualismo, per cui l'uomo è la sua anima. Sarebbe dunque<br />

legittimo aspettarsi che la tradizione academica posteriore, da Speusippo a Polemone, sia rimasta fedele a<br />

quasto 'caposaldo' e, di conseguenza, sarebbe legittimo ritenere la concezione antropologica di Antioco priva<br />

di fondamento rispetto alla tradizione da lui invocata ; cfr. Prost (2001), p. 249, il quale ritiene che il monito<br />

socratico e platonico del « conosci te stesso », venga di fatto adottato come premessa del discorso etico da<br />

Antioco, per quanto gli esiti della sua applicazione entrino in contrasto con il contenuto di alcuni passi<br />

platonici : « la référence platonicienne ne suffit donc pas à fonder le naturalisme des Antiqui ».<br />

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