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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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innanzitutto perché la sua discussione delle posizioni di Antioco non ruota intorno ad un<br />

lavoro esegetico sulle dottrine presentate come convergenti, ma tende piuttosto a<br />

discuterne dialetticamente gli esiti. Al centro del testo filosofico ciceroniano non si<br />

trovano infatti i testi né di Platone né di Aristotele, ma il loro eventuale impiego da parte<br />

degli interpreti posteriori del platonismo, dell'aristotelismo e dello stoicismo. La natura<br />

dialettica, prima ancora che esegetica, del dibattito filosofico del periodo ellenistico, fa in<br />

modo che l'attenzione si sposti dalla lettera del testo alla possibilità di appropriazione del<br />

senso del testo; e dall' appropriazione multipla di un testo alla coerenza del ragionamento<br />

in cui eventualmente un testo si trova impiegato in modo per così dire 'strumentale'.<br />

Esempio: nella critica della posizione etica di Antioco Cicerone contesta la validità della<br />

distinzione tra una vita beata e una vita beatissima, che permetteva di conciliare l'idea che<br />

la virtù è autosufficiente al conseguimento della vita felice con il fatto che non bisogna<br />

escludere il valore di altri beni, come quelli del corpo, per la vita massimamente felice (v.<br />

Tusc. V, 30 = T. 52). Nel far ciò Cicerone non chiede ad Antioco quali siano i suoi<br />

riferimenti testuali per la distinzione che introduce, non contesta dunque la legittimità<br />

dell'interpretazione di Antioco, dubitando che Aristotele, Polemone o qualcuno degli altri<br />

filosofi antichi possano aver sostenuto una tesi tanto debole, né tantomeno fornisce<br />

un'interpretazione alternativa del pensiero degli antichi, quanto piuttosto affronta la<br />

posizione di Antioco da un punto di vista dialettico, opponendogli un argomento che<br />

potrebbe facilmente figurare nell'arsenale stoico: cosa c'è di più felice della vita felice? La<br />

debolezza dell'ermeneutica storiografica di Antioco viene mostrata non sul piano esegetico<br />

quanto sul piano della coerenza teorica. Dal punto di vista del metodo ciceroniano poco<br />

importa dunque se alla base del pensiero di Antioco vi sia un interpretazione più o meno<br />

genuina dei testi degli antichi, nella misura in cui questa interpretazione deve rispondere<br />

innanzitutto ad esigenze di tipo filosofico. La migliore interpretazione in ultima istanza<br />

non dipende, dalla prospettiva di Cicerone, dalla maggiore o minore fedeltà al testo, ma<br />

dalla sua coerenza complessiva.<br />

Nel contesto di questa ricerca si ritiene sufficiente rendere conto dell'ambivalenza del<br />

rapporto di Cicerone rispetto al pensiero di Antioco e mettere in risalto le diverse modalità<br />

di presentazione degli argomenti di origine antiochea a seconda dei diversi contesti. Si<br />

consideri ad esempio la profonda differenza tra l'approccio alle posizioni di Antioco nel<br />

libro IV e V del De finibus, in cui Cicerone si avvale degli argomenti antiochei per portare<br />

l'attenzione sui punti deboli della teoria stoica, e la critica delle posizioni di Antioco nel<br />

xxxiv

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