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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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'scettica' di Carneade sia stato suggerito a Cicerone da Antioco 161 . Tuttavia si noterà che<br />

nonostante l'uso di una strategia molto simile a quella impiegata da Antioco, il recupero<br />

della congiunzione tra retorica e filosofia, ovvero della congiunzione tra i metodi<br />

dell'argomentazione topologica, dell'esercizio in utramque partem, e dei contenuti delle<br />

questioni filosofiche, non viene mai associato da Cicerone con il nome di Antioco e ci<br />

sono buone ragioni per credere che costituisca il contributo specifico di Cicerone nel<br />

processo di assimilazione e trasmissione della tradizione retorica e filosofica.<br />

È all'interno del Peripato e dell'Academia 'scettica' infatti che secondo Cicerone sembrano<br />

essersi conservate le uniche tracce del connubio originario tra sapere e dicere (o tra<br />

sapienter sentiendi [scientia] e ornate dicendi [scientia]). Lo stesso Socrate 162 , a cui viene<br />

imputata la responsabilità dell'esecrabile separazione (per un avversione ben fondata nei<br />

confronti delle vicende politiche: « a re autem civili et a negotiis animi quodam judicio<br />

abhorrerent » (59)), viene descritto come « omnium eruditorum testimonio totiusque<br />

iudicio Graeciae, cum prudentia et acumine et venustate et subtilitate, tum vero<br />

eloquentia, varietate, copia (...)» (60); la differenza tra Aristotele e gli altri academici<br />

discepoli di Platone viene poi posta interamente sul piano delle doti oratorie: « copia<br />

fortasse et certe varietate dicendi pares non fuerunt » (67); Arcesilao viene ricordato per<br />

lo stile del suo discorso: « quem ferunt eximio quodam usum lepore dicendi » (67); e dalla<br />

fonte fino all'estuario, tutte queste doti confluiscono in Carneade: « hinc haec recentior<br />

Academia manavit, in qua extiti divina quadam celeritate ingeni dicendique copia<br />

Carneades » (68). Non è sorprendente allora che l'oratore ideale di Cicerone debba<br />

rivolgersi ai filosofi academici e peripatetici per recuperare alcuni indispensabili<br />

strumenti. Il genere dell'oratio civilis, di pertinenza dell' orator ciceroniano, viene allora<br />

suddiviso in due parti, l'una de finita controversia e l'altra infinite de universo genere (De<br />

orat. III, 109). Il primo tipo (causa aut controversia) corrisponde a un discorso dove il<br />

161 Antioco offre a Cicerone l'esempio di un recupero in chiave dogmatica di pratiche argomentative raffinatesi durante<br />

la fase scettica della storia dell'Academia; si veda l'uso 'dogmatico' della Carneadia divisio (v. Fin. V, 16: « ex quo,<br />

id quod omnes expetunt, beate vivendi ratio inveniri et comparari potest. Quod quoniam in quo sit magna dissensio<br />

est, Carneadia nobis adhibenda divisio est, qua noster Antiochus libenter uti solet »); allo stesso modo sembrerebbe<br />

aver insistito sullo uso non scettico della disputatio in utramque partem all'interno della tradizione peripatetica o<br />

addirittura aver voluto distinguere nettamente tra il contra omnia disserere attribuito agli scettici e l'argomentazione<br />

in utramque partem ricondotta ad un retaggio aristotelico, al fine di presentare la posizione di Arcesilao e Carneade<br />

come una forma di scetticismo radicale (v. Fin. V, 10: « Disserendique ab isdem non dialectice solum, sed etiam<br />

oratorie praecepta sunt tradita, ab Aristoteleque principe de singulis rebus in utramque partem dicendi exercitatio<br />

est instituta, ut non contra omnia semper, sicut Arcesilas, diceret, et tamen ut in omnibus rebus, quicquid ex utraque<br />

parte dici posset, expromeret »; De orat. III, 80); v. commento a De orat. III, 67 = T. 36 : contra.<br />

162 Socrate nel De oratore viene sottoposto a critica in qualità di prototipo della figura del saggio che si ritira nella sfera<br />

privata già delineata nel De inventione I, 1-5: « ... »; l'excursus del III libro del De oratore può essere legittimamente<br />

letto in parallelo con il prologo del I libro dell'opera giovanile di Cicerone in ragione delle affinità strutturali e<br />

contenutistiche tra i due testi, v. Renaud (Gargnano 2011).<br />

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