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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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vari libri e discorsi socratici di Platone comprese sopratutto che niente di ciò che è<br />

percepibile con i sensi o con la mente è certo; si dice che con l'uso di una straordinaria<br />

arguzia nel parlare respingesse ogni giudizio dei sensi e della mente e che per primo<br />

introducesse il metodo – per altro essenzialmente socratico – di non esporre quel che lui<br />

stesso pensava, ma di argomentare contro quel che qualcun'altro diceva di pensare. (...)<br />

Contesto<br />

Il passo si situa all'interno del noto excursus sulla separazione tra eloquenza e conoscenza (tra<br />

le/gein e fronei=n) nella storia della filosofia (De orat. III 56-73), che Cicerone inserisce nel<br />

III libro del De oratore per introdurre le ragioni di un ritorno ideale all'antica fusione di recte<br />

faciendi e bene dicendi nella figura del buon oratore 321 . Nella storia della cultura greca<br />

Cicerone reperisce un certo numero di figure simbolo dell'inseparabilità di una sapienza<br />

duplice, allo stesso tempo rivolta all'attività pratica e all'arte della parola (De orat. 59: "in<br />

republica propter ancipitem quae non potest esse seiuncta faciendi dicendique sapientiam<br />

florerent"): Temistocle, Pericle, Teramene; (Ibidem: "eiusdem sapientiae doctores essent")<br />

Gorgia, Trasimaco, Isocrate 322 . Il punto di frattura di questa antica tradizione viene invece<br />

reperito nella figura di Socrate e nel suo disprezzo per l'applicazione politica dell'arte oratoria.<br />

Socrate sarebbe allora responsabile della separazione tra due ambiti di competenza,<br />

inscindibili all'origine, e tutta la storia della filosofia viene di conseguenza letta in relazione<br />

alla impropria distinzione tra sapienter sentiendi scientia e ornate dicendi scientia (De orat.<br />

61: "hinc discidium illud exstitit quasi linguae atque cordis, absurdum sane et inutile et<br />

reprehendendum"). La successione di sette filosofiche (diadoxh/) 323 che trova origine nella<br />

filosofia socratica viene dunque scandagliata alla ricerca non tanto della verità intrinseca di<br />

ognuna, ma delle tracce di quell'originario connubio tra conoscenza e arte della parola (De<br />

orat. 64: "verum ego non quaero nunc quae sit philosophia verissima sed quae oratori<br />

321 Cfr. De inv. I, 1; I, 4; De or. I, 53-54; III, 72; Orat. 11-19; De off. I, 2-3; De fato 3; Parad.Stoic. 1-3;<br />

Sull'importanza di questo tema all'interno di tutta la produzione culturale di Cicerone si veda Long (1995),<br />

pp. 50-52;<br />

322 v. Leeman, Pinkster, Wisse (1996), pp. 213-217, per una serie di riferimenti connessi a questi personaggi,<br />

partendo però dall'importante presupposto che « Ciceros Gesamtbild der Alten Zeit hat keine (erhaltenen)<br />

Parallelen » (p. 217).<br />

323 Cfr. la lista dei discepoli di Socrate in Suidas, Lex. s.v. Swkra/thj. La struttura generale della successione<br />

delle scuole filosofiche sembrerebbe ben più antica rispetto a Cicerone, potendo risalire fino all'opera di<br />

Sozione, Tw=n Filoso/fwn Diadoxai/. Si noti tuttavia come Cicerone non manchi di introdurre nella struttura<br />

tradizionale elementi originali derivanti da una particolare prospettiva storiografico-dialettica, si veda ad<br />

esempio la menzione degli Erillii (De orat. III, 62) risultato probabile dell'uso della Carneadia divisio (v.<br />

Introduzione xxxiv-xxxix e infra) e della storiografia dialettica per cui Aristone di Chio, Pirrone ed Erillo<br />

sono degli stravaganti relicti: Fin. II, 35; II, 43; IV, 36; IV 40; V, 23; V, 73; Tusc. V, 85; v. Lévy (1992a), pp.<br />

364-373.<br />

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