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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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(v. Quomodo adulator ab amico internoscatur 54 f 4-6; Septem sapientem<br />

convivium 150 c 11-14; Quaestiones convivales 613 c 6; 715 d 2;), dove la<br />

nozione di 'fare uso' si fonde con quella di 'godere', 'trarre giovamento', 'fruire'.<br />

Intorno a questo verbo si sarebbe poi verificarata una convergenza lessicale tra la<br />

posizioni etiche attribuibili all'antica Academia e alle tattiche argomentative<br />

carneadee. Difficilmente si sarebbe del resto potuto impiegare il verbo a)polau/w<br />

per designare il punto di incontro tra Academici e Peripatetici, considerando<br />

l'esplicito rifiuto dell' )polaustiko£j bi/o contenuto nelle etiche Aristoteliche<br />

(EN 1095 b 16-23; EE 1216 a 18; EN 1177 a 7-11). Quando dunque le traduzioni<br />

ciceroniane restituiscono un'uniformità lessicale tra la posizione degli antichi e<br />

quella impiegata dialetticamente da Carneade, potremmo certamente trovarci di<br />

fronte a una scelta interpretativa forte, non necessariamente supportata dal lessico<br />

delle fonti greche originali, tuttavia niente impedisce veramente di considerare<br />

l'adattabilità semantica di xra/omai 412 come all'origine delle possibilità di scontro e<br />

incontro tra le differenti prospettive filosofiche.<br />

A partire da un'analisi del passo già citato in cui Agostino si avvale del testo De<br />

philosophia di Varrone (De civ.Dei XIX, 3, 1), e in cui sono rintracciabili precise<br />

affinità teoriche con la riflessione etica di Antioco d'Ascalona, è possibile inoltre<br />

constatare come Varrone, o Agostino parafrasando il testo di Varrone, abbia<br />

verosimilmente optato per un impiego alternato sia di utor che di fruor nel<br />

contesto della discussione dell'etica degli antichi ("omnibusque simul et se ipsa<br />

utitur, eo fine, ut omnibus delectetur atque perfruatur"; "haec enim bene utitur et<br />

se ipsa et ceteris..."; "...cui male utenti utilia esse non possunt"; "haec ergo vita<br />

hominis, quae virtute et aliis animi et corporis bonis,(...), fruitur, beata esse<br />

dicitur"), coprendo verosimilmente la ricchezza del campo semantico di xra/omai<br />

con una coppia verbale ("bona sunt tamen, et secundum istos etiam ipsa propter<br />

se ipsa diligit virtus, utiturque illis et fruitur, sicut virtutem decet."), quando<br />

invece in Cicerone l'alternativa si risolve tutta a vantaggio del verbo fruor,<br />

influenzato forse in questo dall'impostazione argomentativa di Carneade.<br />

Attraverso la componente utilitaristica riscontrabile nell'uso del verbo fruor, è<br />

inoltre possibile riscontrare una linea di continuità tra le varie strategie<br />

argomentative antistoiche attribuite a Carneade. Nei testi ciceroniani infatti sono<br />

412 v. Liddell – Scott, Greek – English Lexicon, xra/omai IV.<br />

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