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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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indiscriminatamente su tutte le impressioni dei sensi, e lo provoca a sostenere una<br />

tesi che, invece, si rivela, come fa notare Carneade stesso, molto più vicina ai<br />

paradossi stoici ("ego tibi... praetor esse non videor..."). Cicerone allora distingue<br />

chiaramente tre diversi atteggiamenti epistemologici rispetto alla realtà: gli stoici<br />

possono arrivare a formulare dogmaticamente tesi paradossali ("non videris"),<br />

mentre invece l'antica Academia di Aristotele e Senocrate si astiene dal mettere<br />

radicalmente in discussione la realtà ("non dubitavisset") pur di salvaguardare le<br />

sue posizioni. Antioco infine volendo ridurre le differenze specifiche tra il primo e<br />

il secondo approccio si ritrova in una posizione ibrida, difficilmente giustificabile<br />

("balbutiens"). Il giudizio sull'allure stoica della posizione di Antioco non può<br />

esser considerato alla stregua di una valutazione perentoria e definitiva<br />

dell'operazione filosofica dell'Ascalonita; essa deriva infatti dal confronto<br />

polemico tra la posizione academica di Carneade e la posizione academica di<br />

Antioco: dal punto di vista epistemologico-'scettico', Antioco appare<br />

evidentemente molto più vicino agli stoici che alla tradizione academica e sempre<br />

a partire da questa prospettiva polemica gli viene rimproverato di non cogliere le<br />

differenze tra l'approccio epistemologico degli antichi e quello degli stoici.<br />

– aut...aut; Utrumque non potest; non de terminis, sed de tota possessione;<br />

de qua...de omni...; non potest igitur uterque...sed alter: come nota già Reid<br />

(1984), la proliferazione di opposizioni sintattiche esprime la rottura di<br />

quell'armonia tra lo Stoicismo e l'Academia antica che Antioco proponeva (cfr. §<br />

119); Cicerone sposta l'attenzione sulle 'piccole' differenze e le dichiara<br />

irriducibili. Inoltre, poiché queste differenze appartengono al dominio dell'etica,<br />

assumono un'importanza tutta particolare: cfr. Fin. V, 14 = T. 50: "qui de summo<br />

bono dissentit, de tota philosophiae ratione dissentit"; Fin. III, 41; Aug., De<br />

civ.Dei 19, 1 "neque enim existimat (Varrone) ullam philosophiae sectam esse<br />

dicendam quae non eo distat a ceteris quod diversos habeat finis bonorum et<br />

malorum".<br />

non de terminis, sed de tota possessione : cfr. Leg. I, 37 = T. 37; cfr. Fin.<br />

IV, 3 = T. 43 : "universa enim illorum ratione cum tota vestra confligendum puto".<br />

Il passaggio impiega la metafora della contentio giuridica su una proprietà già<br />

incontrata nel contesto del De legibus = T. 37. La dottrina etica viene allora<br />

ridotta a un territorio da spartirsi tra contendenti; la parola "teminus" permette<br />

198

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