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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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Polemone qui presente, servendosi però di termini che a prima vista suscitano<br />

ammirazione, ma che una volta spiegato il concetto muovono al riso. Ma tu, se ti trovavi<br />

d'accordo con questa teoria, perché non la sostenevi con le parole appropriate? Se<br />

faceva presa su di te l'autorità, perché ritenevi un non so chi superiore a noi tutti e a<br />

Platone stesso? Sopratutto, visto che tu volevi avere un ruolo di primaria importanza<br />

nella vita politica, da noi più di tutti saresti potuto esser stato preparato e istruito alla<br />

difesa dello Stato per tuo massimo successo. Siamo stati noi infatti a indagare queste<br />

cose, siamo stati noi a classificarle, registrarle, spiegarle e di tutti gli stati abbiamo<br />

descritto le varie forme, le condizioni, i mutamenti, le leggi, le istituzioni e anche i<br />

costumi delle nazioni. Persino per l'eloquenza, che è il più grande ornamento dei primi<br />

cittadini e in cui sentiamo dire che tu sei più valente di molti, quanto giovamento ti<br />

sarebbe derivato dal nostro ricordo!", se dicessero queste cose, cosa risponderesti a tali<br />

uomini?<br />

Contesto<br />

Terminata la parte critica del discorso di Cicerone, il libro IV ritorna sull'idea di una<br />

differenza puramente terminologica tra la dottrina stoica e quella academico-peripatetica, v.<br />

Fin. IV, 57: "Nec vero minoris aestimanda ducebat ea quae ipse (scil. Zeno) bona negaret<br />

esse, quam illi qui ea bona esse dicebant"; Fin. IV, 60: "ad summam ea quae Zeno<br />

aestimanda et sumenda et apta naturae esse dixit, eadem illi bona appellant". Al di là della<br />

diversa terminologia applicata, Cicerone sostiene che entrambe le teorie convergano<br />

nell'attribuire lo stesso valore alle cose che vengono riconosciute come in conformità con la<br />

natura (Fin. IV, 58: "omniaque, quae secundum naturam sint, aestimatione aliqua digna"),<br />

conservando allo stesso tempo la superiorità della virtù e della moralità (Fin. IV, 59: "longe<br />

praestantissimum esse, quod honestum esset atque laudabile"). L'origine delle differenze tra<br />

le due tradizioni viene allora ridotta all'ostinazione con la quale Zenone insiste nel limitare<br />

l'appellativo 'bonum' ad una singola specie (di un genere in realtà più ampio) con<br />

caratteristiche sue proprie: Fin. IV, 60 "Zeno autem, quod suam, quod propriam speciem<br />

habeat, cur appetendum sit, id solum bonum appellat". L'unità sostanziale della tradizione<br />

viene infine enfatizzata tentando di sminuire la statura autoritativa dello stoicismo<br />

paragonandola con quella della tradizione academico-peripatetica.<br />

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