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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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operata da Antioco di impiegare proprio il nome di Polemone come doppio punto di<br />

saldatura, da una parte con la tradizione peripatetica e Aristotele in particolare (v. T.<br />

50: Fin. V, 14), in virtù di una teoria in cui la molteplicità dei beni si trova connessa<br />

con la naturalità della vita dell'uomo, dall'altra con lo stoicismo, in virtù del<br />

(presunto) rapporto discepolo-maestro tra Zenone e Polemone (v. T. 41: Ac.libri I,<br />

34-35; T. 43: Fin. IV, 3). Nel contesto delle riflessioni etiche dei filosofi vetero-<br />

academici è possibile inoltre reperire alcuni indizi, che confermerebbero la presenza<br />

di quella linea teorica che, sulla base degli elementi di naturalità della vita<br />

dell'uomo, individua una molteplicità di beni. Nella formula del telos che il testo di<br />

Clemente Alessandrino attribuisce a Speusippo (T. 58) si trova menzionato un ideale<br />

di "perfezione nelle cose in accordo con la natura (ἕξιν εἶναι τελείαν ἐν τοῖς κατὰ<br />

φύσιν)". Mentre dai frammenti della Consolatio di Crantore 639 si desume che il<br />

filosofo academico contestasse l'ideale di una perfetta impassibilità (a)pa/qeia), a<br />

vantaggio della metriopa/qeia, ovvero di un tipo di controllato equilibrio rispetto alle<br />

passioni, sulla base dell'impossibilità naturale per l'uomo di non subire affatto il<br />

dolore di certe perdite, come verosimilmente la morte di una persona cara, la<br />

malattia o la perdita propria integrità fisica. Sembrerebbe dunque corretto attribuire<br />

ai filosofi vetero-academici un'apertura alla valutazione positiva del corredo naturale<br />

dell'uomo, non solo in relazione all'anima, ma anche in relazione al corpo. Tale<br />

apertura può essere letta come un graduale discostarsi dall'intellettualismo platonico<br />

e da affermazioni estreme quale quella famosa dell'Alcibiade I per cui "l'uomo è la<br />

sua anima" 640 . Tuttavia si noterà che niente porta a pensare che i filosofi academici<br />

non abbiano mantenuto la forte gerarchizzazione che Platone concepiva tra i beni,<br />

per cui la superiorità dell'anima rispetto al corpo determina il più alto valore della<br />

virtù rispetto ad ogni altra categoria di bene (v. T. 53; 54 = Cic., Tusc. V, 39; 54). In<br />

questo modo Polemone poteva coerentemente mantenere la tesi dell'autarchia della<br />

virtù ai fini della vita felice (T. 58) e costituire di fatto un'alternativa teorica sia<br />

rispetto alle posizioni peripatetiche, sia rispetto alle posizioni stoiche.<br />

Una questione di tutt'altro genere è quella che interessa invece il concetto di<br />

oi)kei/wsij. Filosoficamente connesso a quello di ta£ prw=ta kata£ fu/sin, il concetto<br />

di oi)kei/wsij è stato individuato dalla critica come un altro possibile punto di<br />

incontro tra l'istanza stoica, a cui si riconosce generalmente la piena paternità del<br />

639 Plut., Consalatio ad Apollonium III, p. 209 Paton, Pohlenz, Gärtner (eds.) ; Cic., Tusc. III, 12 = Krantor F.<br />

3a ; 3b Mette.<br />

640 v. Plato, Alc. I, 129e-130c ; v. anche i commenti di Dörrie (1987), pp. 319-320.<br />

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