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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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dunque in a suo modo una testimonianza dell'ampiezza del dibattito etico nel periodo<br />

ellenistico. La divisio derivata dal testo di Varrone presenta del resto una caratteristica comune<br />

con la Carneadia divisio impiegata da Antioco d'Ascalona, e che Cicerone inserisce nel testo<br />

del V libro del De finibus; entrambe infatti non hanno come obiettivo l'esposizione soltanto<br />

delle posizioni effettivamente sostenute, ma anche di quelle soltanto possibili, v. De civ.Dei<br />

XIX, 1, 1 « Marcus Varro in libro de philosophia tam multam dogmatum varietatem<br />

diligenter et subtiliter scrutatus advertit, ut ad ducentas octaginta et octo sectas, non quae<br />

iam essent, sed quae esse possent, adhibens quasdam differentias facillime perveniret »; cfr.<br />

Fin. V, 16: « Ille igitur vidit, non modo quot fuissent adhuc philosophorum de summo bono,<br />

sed quot omnino esse possent sententiae ». Secondo il testo di Cicerone, Antioco argomentava<br />

a partire da nove opinioni, ridotte poi ad una sola, quella degli academici antichi e<br />

peripatetici. Nella versione varroniana della divisio il numero di opinioni contemplabili<br />

esplode fino ad arrivare all'incredibile numero di 288 posizioni filosofiche, che ottenute per<br />

progressiva e disinvolta moltiplicazione, con altrettanta disinvoltura nella parte confutatoria<br />

vengono ridotte ad una sola, quella degli academici antichi. L'altro punto di contatto tra l'uso<br />

dello strumento di origine carneadea nei due testi, sta nella premessa naturalistica che<br />

determina le posizioni primigenie, dove si tratta di determinare quale siano gli oggetti di<br />

appetizione naturale, v. De civ.Dei XIX, 1.2: « velut naturaliter appetunt »; cfr. Fin. V, 17:<br />

« constitit autem fere inter omnes id in quo prudentia verseretur et quod assequi vellet aptum<br />

et accomodatum naturae esse oportere et tale, ut ipsum per se invitare et alliceret appetitum<br />

animi, quem ὁρμήν Graeci vocant ». Peculiare invece del testo derivato da Varrone è invece il<br />

modo in cui i primi due oggetti di appetizione, voluptas e quietes, si trovano congiunti in una<br />

terza opzione (De civ.Dei XIX, 1, 2 : « aut utramque, quam tamen uno nomine voluptatis<br />

Epicurus appellat » e poi risultano inclusi nella quarta opzione accanto ad altri elementi<br />

pertinenti al corpo o all'anima, v. De civ.Dei XIX, 1, 2: « aut universaliter prima naturae, in<br />

quibus et haec sunt et alia, vel in corpore, ut membrorum integritas et salus atque incolumitas<br />

eius, vel in animo, ut sunt ea, quae vel parva vel magna in hominum reperiuntur ingeniis ». Il<br />

testo ciceroniano presentava al contrario la questione dell'inclusione della voluptas all'interno<br />

dei prima naturalia come oggetto di grande controversia, per quanto grossomodo sia<br />

concorde con il testo varroniano a proposito degli altri elementi, v. Fin. II, 34 = T. 42: « in his<br />

primis naturalibus voluptas insit necne, magna questio est; nihil vero putare esse praeter<br />

voluptatem, non membra, non sensus, non ingeni motum, non integritatem corporis, non<br />

valetudinem, summae mihi videtur inscitiae » 632 . Inoltre nell'esposizione varroniana della<br />

632 Il contenuto e la prospettiva teorica del II libro del De finibus non coincidono evidentemente con quelli del<br />

libro V : nel II libro Cicerone discute l'edonismo epicureo avvalendosi di strategie argomentative di matrice<br />

stoica e/o academica. Mentre il libro V è dedicato al recupero del contributo teorico degli 'antichi filosofi',<br />

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