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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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Il passo in oggetto è un tassello della cornice dialogica del libro V del De finibus. Ci troviamo<br />

ad Atene, nel 79 a.C.. Cicerone e i suoi compagni di viaggio approffittano dell'ora<br />

pomeridiana per fare una passeggiata fuori dalle mura della città, in direzione della quiete che<br />

sono sicuri di poter trovare nel parco dell'Academia (Fin. V, I). Il luogo è deserto e il silenzio<br />

circostante favorisce la rievocazione degli uomini illustri che un tempo popolavano i dintorni<br />

(v. Dörrie (1978), pp. 211-220). Il prologo dell'ultimo libro del De finibus mette in scena un<br />

viaggio della memoria, un movimento a ritroso nel tempo, fino al punto di partenza. Si tratta<br />

di un viaggio in due tappe : in primo luogo, siamo trasportati nel tempo della formazione<br />

filosofica di Cicerone e dei suoi compagni, ma poi ancora più indietro, nel tempo della piena<br />

fioritura della cultura (filosofica e non) greca, i cui maggiori esponenti possono ancora essere<br />

associati a luoghi precisi della città di Atene: (Fin. V, 2) “tanta vis admonitionis inest in locis,<br />

ut non sine causa ex iis memoriae ducta sit disciplina”.<br />

Nessuno degli altri prologhi di questo testo di Cicerone presenta lo stesso livello di<br />

suggestività drammatica. Nel libro primo, infatti, Cicerone esponeva a Bruto 570 il suo<br />

programma culturale di esposizione della filosofia greca in latino; il secondo libro continua la<br />

discussione avviata nel primo e un vero e proprio prologo è assente, per quanto vengono<br />

evocate le figure tutelari di Socrate e Platone 571 ; nel libro terzo, l'argomento principale della<br />

discussione che precede viene riproposto ex abrupto, interpellando nuovamente l'interlocutore<br />

primario del testo: “Voluptatem quidem, Brute”; in seguito viene proposta una nuova sotto-<br />

cornice dialogica in cui si inseriscono il resto del libro III e l'intero libro IV , la quale viene<br />

strutturata dalla finzione scenica di una visita di Cicerone alla biblioteca di Lucullo (v. T. 43 =<br />

Fin. IV, 3, nota 502) in cui avviene l'incontro con il personaggio di Catone, simpatizzante<br />

della dottrina stoica.<br />

Il nuovo cambiamento di scena all'inizio del libro V corrisponde allora ad un crescendo<br />

d'intensità 'drammatica', per cui l'indagine etica affrontata dal testo si conclude con un ritorno<br />

alle origini dell'apprendimento filosofico di Cicerone. In conclusione il lettore viene messo<br />

nella condizione di risalire a ritroso tutte le premesse teoriche e culturali che hanno dato<br />

forma alla trattazione, ottenendo un'immagine ampia del valore, delle vicende e di tutte le<br />

conseguenze del processo di trasposizione del pensiero greco antico nella cultura romana<br />

contemporanea.<br />

570 v. Fin. I, 5: “nihil minus legimus quam hoc idem Graecum, quae autem de bene beateque vivendo a Platone<br />

disputata sunt, haec explicari non placebit Latine?”; sui motivi che possono aver contrubuito alla scelta di<br />

Bruto come interlocutore in questo tipo di contesto, v. Ac.libri I, 12: “Brutus quidem noster, excellens omni<br />

genere laudis, sic philosophiam Latinis litteris persequitur nihil ut iisdem de rebus Graeca desideres, et<br />

eandem quidem sententiam sequitur quam tu, nam Aristum Athenis audivit aliquamdiu, cuius tu fratrem<br />

Antiochum”. Sull'affiliazione filosofica di Bruto, v. Sedley (1997b), pp. 41-53.<br />

571 Fin. II, 1: « Quando enim Socrates, qui parens philosophiae iure dici potest, quicquam tale fecit? »; Fin. I,<br />

2: « ut e Platone intellegi potest », v. rif. al Fedro in Fin. II, 4: « Hoc positum in Phaedro a Platone ».<br />

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