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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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esemplificazione di un punto problematico della tesi peripatetica. L'inclusione dei<br />

beni esterni all'interno della concezione del telos ha come conseguenza logica che la<br />

felicità dell'uomo è esposta alle minaccie della fortuna. Teofrasto viene presentato<br />

come l'unico degli antichi ad aver esplicitato per iscritto questo punto problematico<br />

del pensiero etico peripatetico 608 : la felicità del saggio non è inalterabile, ma bensì<br />

soggetta ai rovesci del caso (v. Fin. V, 12: "Quod maxime efficit Theophrasti de beata<br />

vita liber, in quo multum admodum fortunae datur. Quod si ita se habeat, non possit<br />

beatam praestare vitam sapientia"). Si noterà tuttavia che per quando 'debole'<br />

('mollior' (Fin. V, 12), 'languidius' (Tusc. V, 25)), la posizione di Teofrasto si rivela<br />

quantomeno coerente dal punto di vista del "quid dicendum sit" (Fin. V, 83): v. Tusc.<br />

V, 24: "Quam bene non quaeritur, constanter quidem certe". All'interlocutore<br />

antiocheo di Cicerone viene inoltre data la possibilità, sul finale del libro V del De<br />

finibus, di rispondere alle critiche che la sua teoria etica incontra su questa questione<br />

e la discussione si conclude con un accordo generale degli interlocutori sul fatto che<br />

questo è esattamente il punto sul quale la teoria necessita di essere fortificata: (Fin. V,<br />

95) : "Atqui iste locus est, Piso, tibi etiam atque confirmandus, imquam; quem si<br />

tenueris, non modo meum Ciceronem, sed etiam me ipsum abducas licebit".<br />

Tornandoci sopra in questo contesto Cicerone intende affrontare da un altro angolo<br />

visuale il rapporto teorico tra una concezione cumulativa della felicità e la possibilità<br />

di concepirne il possesso stabile nella figura del saggio, ripercorrendo con più calma<br />

e maggiore dovizia di argomentazioni le problematiche di questo rapporto.<br />

– neque Bruto meo neque communibus magistris nec veteribus illis : il nome<br />

di Antioco viene occultato in questo contesto da una serie di altri nomi: quello di uno<br />

dei suoi avvocati difensori contemporanei, Bruto, interlocutore diretto di Cicerone;<br />

quello della fonte delle informazioni di entrambi gli interlocutori (communibus<br />

magistris), attraverso il quale vengono rievocati sia Antioco, frequentato direttamente<br />

da Cicerone 609 , sia il fratello Aristo, maestro di Bruto ad Atene, a cui Cicerone rese<br />

visita nel 51 a.C. 610 ; ed infine quello delle autorità a cui gli insegnamenti di Antioco<br />

pretendevano di rifarsi, ovvero gli antichi filosofi. La figura singola di Antioco viene<br />

Fortenbaugh (2011), p. 242-243; 448-449.<br />

608 v. Fortenbaugh (2011), pp. 242-243, dove si nota a ragione che la posizione di Teofrasto sulla fortuna non<br />

differisce nella sostanza da quella di Aristotele; essa poteva apparire particolarmente radicale se estratta dal<br />

contesto potenzialmente polemico delle opere di Teofrasto, in cui questi insisteva verosimilmente sulle<br />

differenze tra la sua posizione e quella degli stoici o anche tra la sua posizione e quella del collega<br />

peripatetico Dicearco.<br />

609 Fin. V, 1; Brutus 315.<br />

610 Ad Att. V, 10, 5.<br />

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