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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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B)<br />

εὐδαιμονίαν ὑπάρχειν, δίχα δὲ καὶ τῶν σωματικῶν καὶ τῶν ἐκτὸς τὴν<br />

ἀρετὴν αὐτάρκη πρὸς εὐδαιμονίαν εἶναι").<br />

– universa...ratione...: annuncia un confronto dottrinale che non prende di<br />

mira i dettagli delle dottrine ma le loro premesse teoriche generali (v.<br />

Introduzione, p. lxxi ss. Cfr. Fin. III, 14: [Cato loquitur] "explicabo potius, (...),<br />

totam Zenonis Stoicorumque sententiam", con la quale si introduce un'esposizione<br />

dottrinale non confinabile nello spazio ristretto dell'opera di un particolare<br />

esponente dello stoicismo, ma che intende piuttosto riflettere l'impostazione<br />

generale della scuola, così come essa si manifesta in un contesto polemico.<br />

Nel passaggio in esame, non si tratta più, come con Carneade, di tracciare una semplice<br />

convergenza dottrinale, ma di fornire una storia della filiazione dottrinale dello stoicismo<br />

dalla filosofia degli 'antichi'. La prospettiva storiografica è quella che procede per relazioni<br />

maestro – discepolo, come anche la letteratura delle diadochai, ma l'intento è quello di fornire<br />

una base forte ad un'operarazione d'interpretazione filosofica. Negando programmaticamente<br />

la necessità di una deviazione da parte di Zenone dagli insegnamenti dei predecessori e<br />

maestri, Cicerone apre la via all'esposizione dell'opinione di Antioco di Ascalona, secondo il<br />

quale, di fatto, Stoici e 'antichi' sono in perfetto accordo dottrinale. Altrove ad Antioco è<br />

attribuita una concezione più simpatetica della storia della filiazione dello stoicismo rispetto<br />

alla tradizione socratico-platonica (v. correctio [veteris disciplinae]: Ac. libri I, 35 = T. 41;<br />

Fin. IV, 21 (con una punta di sarcasmo): "Haec videlicet est correctio philosophiae veteris et<br />

emendatio"; Luc. 7: "[Zeno] nihil novi reperienti sed emendanti superiores inmutatione<br />

verborum"). In altri contesti invece i toni impiegati da Cicerone per descrivere la riflessione<br />

filosofica di Zenone possono arrivare all'invettiva (v. Tusc. V, 34: "Et si Zeno Citieus, advena<br />

quidam et ignobilis verborum opiifex, insinuasse se in antiquam philosophiam videtur, huius<br />

sententiae gravitas a Platonis auctoritate repetatur..."). Il frammento in oggetto mostra in<br />

conclusione come attraverso la relazione maestro–discepolo posta tra Polemone e Zenone si<br />

discuta di una questione fondamentale, che oltrepassa i confini della storiografia in direzione<br />

di un'interpretazione complessiva della dottrina stoica e academica.<br />

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