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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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Come notato dalla critica, non è senza amara ironia che Cicerone rievoca la condizione del<br />

parco dell'Academia. Le scuole extraurbane sono ormai disertate da studenti e filosofi,<br />

probabilmente a causa dei danni provocati dall'esercito di Sulla qualche anno prima. La scena<br />

filosofica si è spostata all'interno delle mura cittadine e Antioco insegna nel ginnasio chiamato<br />

Ptolemaeum. Dello splendore della scuola fondata da Platone non rimane che il ricordo e quei<br />

segni ancora tangibili dell'attività d'insegnamento un tempo avvenuta sul suolo dell'Academia<br />

possono esser considerati al pari di reperti archeologici. Questo tipo di scenario ospita il<br />

dialogo tra Cicerone e i suoi amici sull'operazione di recupero dell' 'antica Academia'<br />

patrocinata da Antioco d'Ascalona 572 , che il testo nel suo complesso si propone di restituire.<br />

La relazione tra scenografia e contenuto della rappresentazione non è senza importanza. Il<br />

deserto e il silenzio sul suolo dell'Academia sono infatti la rappresentazione di un passato<br />

irrecuperabile e irreversibile, sono i segni tangibili della decadenza, per quanto la nostalgia<br />

dell'uomo di cultura possa ancora indulgere nel ricordo di un passato che fu. A differenza di<br />

quanto sostenuto dalla critica, il problema della continuità istituzionale della scuola non<br />

sembra rientrare tra le preoccupazioni più pressanti degli interlocutori 573 ; la decadenza in cui<br />

versa la sede storica della scuola non impedisce infatti a chi sia interessato di portare avanti ad<br />

Atene una formazione filosofica di tutto rispetto. L'omaggio pagato dai quattro illustri romani<br />

ai luoghi della cultura greca, nell'intento di Cicerone, mette invece in scena una sorta di<br />

rituale di passaggio: i visitatori romani, più dei noncuranti cittadini ateniesi, sono depositari<br />

della vis admonitionis del suolo dell'Academia e della sua storia. Come giustamente notato da<br />

Dörrie (1978), p. 216-217, l'evocazione delle vestigia summorum virorum allora non è solo un<br />

omaggio a Platone e alla sua scuola, ma assume nel testo un valore fondamentalmente<br />

protreptico, che non si limita affatto alla figura del giovane interlocutore, ma si rivolge<br />

verosimilmente al mondo romano per intero, richiamandolo ad un ruolo di responsabilità<br />

attiva, non soltanto politica, nei confronti della cultura e della filosofia greca; cfr. Tusc. II, 5:<br />

“Quam ob rem hortor omnis qui facere id possum, ut huius quoque generis laudem iam<br />

languenti Graeciae eripiant et transferant in hanc urbem, sicut reliquas omnis, quae quidem<br />

erant expetendae, studio atque industria sua maiores nostri transtulerunt”.<br />

Commento<br />

572 Brut. 315: « Cum venissem Athenas, sex menses cum Antiocho veteris Academiae nobilissumo et<br />

prudentissimo philosopho fui studiumque philosophiae nunquam intermissum a primaque adulescentia<br />

cultum et semper auctum hoc rursum summo auctore et doctore renovavi. Eodem tamen tempore Athenis<br />

apud Demetrium Syrum veterem et non ignobilem dicendi magistrum studiose exerceri solebam ».<br />

573 v. Annas (2001), p. xvii: « Cicero probably means us to notice that Plato's Academy is now dead as a Greek<br />

institution, but lives on in the intellectual activity of Cicero and others like him, in the debates in this book<br />

and more generally in Cicero's attempt to get Romans to think philosophically in their own language ».<br />

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