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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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singolare e ta£ oi)kei=a al plurale 488 , di cui non siamo sicuri di saper individuare un<br />

corrispettivo latino 489 , ma per il quale possiamo immaginare che Cicerone, selezionando<br />

all'interno del campo semantico di oi)kei=oj, il senso di 'familiare, amico', sia arrivato a 'ciò che<br />

è caro' (al soggetto), forgiando la nozione del 'se diligere', per rendere l'espressione<br />

οἰκειοῦσθαι πρὸς ἑαυτό / οἰκείωσις πρὸς ἑαυτό 490 . Se è questo è effettivamente l'andamento<br />

della scelta lessicale di Cicerone, è necessario tener presente che esso corrisponde a un<br />

intervento interpretativo dell'autore, che spinge il rapporto espresso dall'aggettivo oi)kei=oj<br />

nella direzione di un'affezione positiva come quella della fili/a (diligo è il verbo che Cicerone<br />

impiega per il tema dell'amicizia, v. e.g. De amic. 28), contribuendo così ad un processo di<br />

avvicinamento teorico tra il concetto stoico di oi)kei/wsij e il concetto aristotelico di<br />

filauti/a 491 ; per ridurre la distanza dal suo potenziale correspettivo greco, o meglio, per<br />

rimanere più vicini possibile all'originale greco, l'espressione 'se diligere' allora andrebbe<br />

intesa più nel senso di 'avere a cuore se stessi', piuttosto che nel senso di un ancora più forte<br />

sentimento d'amore. La direzione implicita nella scelta lessicale ciceroniana risulta del resto<br />

ampiamente accolta e sfruttata dall'esposizione dei principi dell'etica stoica da parte del<br />

filosofo Tauro nel testo di Aulo Gellio (Noctes Attica XII, 5, 7): "Natura (...) omnium rerum,<br />

quae nos genuit, induit nobis inolevitque in ipsis statim principiis, quibus nati sumus, amorem<br />

nostri et caritatem ita prorsus, ut nihil quicquam carius pensiusque nobis, quam nosmet ipsi".<br />

È tuttavia doveroso dinstiguere in questo contesto la trasposizione ciceroniana in lingua latina<br />

del lessico stoico dalla riscrittura posteriore dell'etica stoica da parte di un filosofo come<br />

Tauro, che presenta se stesso come 'platonico' 492 .<br />

A partire da queste considerazioni sulla resa ciceroniana del vocabolario stoico, possiamo<br />

notare che in introduzione al frammento in oggetto Cicerone ripropone l'argomento anti-<br />

epicureo di matrice stoica 493 sui moventi dell'azione, impiegando il concetto di 'se diligere'<br />

488 Arist. EN 1096 a 13-15; 1165 a 16-17; 1168 a 2-3;<br />

489 v. Lee (2002), p. 12, n. 2 : "Ein lateinisches Substantiv hingegen, der dem griechischen Substantiv > to£<br />

oi)kei=on< genau entspricht, findet sich nicht bei Cicero".<br />

490 Cfr. alcune traduzioni moderne del passaggio riportato da Diogene Laerzio, dove viene tradotto con "the<br />

dearest thing", v. Brink (1956), p. 139; l'elemento di affezione positiva viene esplicitato del resto<br />

prevalentemente negli usi riflessivi del concetto, in particolare nell'uso del verbo accompagnato dalla<br />

specificazione riflessiva dell'oggetto (pro/j e(auto/); v. Pembroke (1971), p. 116, sostiene che l'uso della<br />

preposizione pro/j dopo il verbo (o il sostantivo) è il tratto distintivo dell'uso stoico del concetto, nella misura<br />

in cui pone l'accento su una relazione non bilaterale.<br />

491 Cfr. Fin. V, 24: "Omne animal se ipsum diligit ac, simul ut ortum est, id agit, ut se conservet, quod hic ei<br />

primus ad omnem vitam tuendam appetitus a natura datur, se ut conservet, atque ita sit affectum, ut optime<br />

secundum naturam affectum esse possit". Cfr. Dox. C, in Stobaeus, Ecl. II, 7, 13, pp. 118-119 Wachsmuth :<br />

« Φίλον γὰρ εἶναι ἡμῖν τὸ σῶμα, φίλην δὲ τὴν ψυχήν, φίλα δὲ τὰ τούτων μέρη καὶ τὰς δυνάμεις καὶ τὰς<br />

ἐνεργείας,

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