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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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quest'ultimi a cui viene sottoposta la dottrina stoica 136 acquisiscono un'ulteriore valenza se<br />

spiegate in base ai criteri aristotelici di selezione delle opinioni. Le posizioni<br />

dell'indifferentismo di Pirrone e Aristone o dell'intellettualismo di Erillo infatti non<br />

trovano posto nella selezione carneadea perché 'già abbandonate' (Luc. 129: « Omitto illa<br />

quae relicta iam videntur »; cfr. Tusc. V, 85). In termini aristotelici questo significa che<br />

non rientrano già da molto tempo tra le opinioni accreditate, ovvero che la loro para-<br />

dossalità è stata abbondantemente riconosciuta. Quando Carneade, o per sua vece<br />

Cicerone/Antioco, ne menziona la triste sorte, allora, sta sostanzialmente minacciando la<br />

posizione stoica di fare la stessa fine dei relicti, di essere esclusa dal dibattito etico, perché<br />

potenzialmente formalmente vicina alla loro posizione e dunque incompatibile con il<br />

'limite di argomentabilità' richiesto dalla discussione dialettica.<br />

Il terzo tipo [c)] di diai/resij / divisio organizza invece la discussione di una materia per<br />

argomenti e sotto-argomenti. La sua funzione dialettica, a parte il fatto di fornire un certo<br />

ordine alla discussione, è meno evidente rispetto alle altre applicazioni del metodo<br />

diairetico. Tuttavia anche le scelte in merito alla ripartizione di una materia veicolano,<br />

come mi sforzerò di mostrare, importanti informazioni sull'impostazione dialettica<br />

adottata.<br />

Nelle opere retoriche di Cicerone sono reperibili numerosi passaggi che documentano la<br />

ricezione di una metodologia di stampo aristotelico applicata all'organizzazione del<br />

discorso del buon oratore. Nel quadro dell'agenda ciceroniana, volta al recupero e alla<br />

promozione del connubio tra eloquentia e sapientia, tra strumenti retorici e formazione<br />

filosofica, il riferimento alla metodologia aristotelica è di fondamentale importanza, nella<br />

misura in cui permette di distinguere un uso della retorica di stampo per così dire sofistico<br />

da un uso dell'arte oratoria filosoficamente fondato. Particolare rilievo viene dato alla<br />

parte dell'arte retorica che si occupa dell' inventio (« excogitatio rerum verarum aut veri<br />

similium quae causam probabilem reddant ») in contrasto con altre concezioni all'epoca<br />

dominanti: punti focali della teoria di Cicerone diventano i to/poi o loci (« la<br />

localizzazione degli argomenti e dei ragionamenti » 137 ) e la parte della retorica che si<br />

136 e.g. Fin. IV, 47; v. Lévy (1980), pp. 238-251; Lévy (1984), pp. 120-121.<br />

137 Cic. Part.or. 2 : « C. Quibus rebus fides fit ? P. Argumentis, quae ducuntur ex locis aut in re ipsa insitis aut<br />

adsumptis. C. Quos vocas locos ? P. In quibus latent argumenta. C. Quid est argumentum ? P. Probabile inventum<br />

ad faciendam fides ».<br />

lxiv

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