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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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In una lettera al fratello Quinto è reperibile infine una menzione delle opere politiche di<br />

Aristotele nel contesto di una descrizione del processo di redazione del De re publica 74 .<br />

Del resto per quanto riguarda il patrimonio librario di Cicerone, la relazione di amicizia<br />

con Pomponio Attico gli consente un accesso privilegiato ai testi greci che quest'ultimo era<br />

capace di procurargli attingendo direttamente dal mercato ateniese. Cicerone manifesta<br />

all'amico la volontà di leggere direttamente ad esempio alcune opere del peripatetico<br />

Dicearco ed eventualmente avvalersene nella sua produzione filosofica, v. Ad. Att. XIII,<br />

32, 2: "Dicaearchi peri£ yuxh=j utrosque velim mittas et kataba/sewj, tripolitiko/n non<br />

invenio, et epistulam eius, quam ad Aristoxenum misit. Tres eos libros maxime nunc<br />

vellem; apti essent ad id quod cogito". Cicerone dunque, se la spedizione ha avuto buon<br />

esito, leggeva alcuni testi di Dicearco, il cui contenuto conosceva indirettamente e<br />

intendeva verificare da vicino. Un'ostacolo però tra Cicerone e una lettura diretta di<br />

Aristotele sarebbe però rappresentato dalla particolare vicenda che riguarda i testi di<br />

Aristotele. È abitudine della critica infatti partire dalla storia riportata da Strabone, per cui<br />

la biblioteca di Aristotele sarebbe stata ereditata da Neleo di Scepsi, trasferita da questo<br />

nella Troade e poi sotterrata dai suoi eredi perché non finisse nelle mani degli agenti della<br />

biblioteca della monarchia di Pergamo, i libri sarebbero stati riscoperti da un bibliofilo<br />

chiamato Apellicone, riportati ad Atene, e poi finiti nel bottino di guerra di Sulla. I libri di<br />

Aristotele sarebbero dunque arrivati a Roma per via di Sulla, al loro riordino avrebbe<br />

contribuito anche il famoso grammatico Tirannione di Amisus e poi successivamente<br />

sarebbero stati oggetto di lavoro filologico da parte di Andronico di Rodi (Strabo, (12, 1,<br />

54) XIII, 608-609; Plut. Vita di Sulla, 26) 75 . Il silenzio di Cicerone su tutta questa vicenda<br />

rappresenta agli occhi di molti un fatto stranissimo e quasi un argomento a favore dell'idea<br />

che Cicerone avrebbe potuto ignorare la presenza dei preziosissimi autographa di<br />

Aristotele a Roma. Lo sgomento dovrebbe aumentare qualora si consideri che è ben<br />

attestata invece una relazione diretta tra Cicerone e il grammatico Tirannione, lo stesso che<br />

Lucullo avrebbe fatto schiavo durante le guerre mitridatiche, e che portato a Roma, si<br />

sarebbe inserito talmente bene negli ambienti culturali pompeiani, che ebbe accesso al<br />

prezioso bottino librario di Sulla e Cicerone gli affidò il riordino della sua biblioteca (ad<br />

Att. IV, 4, 7; 8, 2, v. Düring (1957), T. 74 c) e di quella del fratello. Ma perché Cicerone<br />

avrebbe dovuto assolutamente parlare dello schiavo erudito che gli rimise a posto i libri o<br />

delle leggende sui libri di Aristotele? L'arrivo a Roma del bottino di guerra dovrebbe<br />

74 Ad Qu.fr. III, 5, 1 = 25 Schakleton, Bailey: « Aristotelem denique quae de re publica et praestanti viro scribat ipsum<br />

loqui ».<br />

75 v. Gottschalk (1987), pp. 1083-1094.<br />

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