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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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antica, voi me lo negate, Antioco tra i primi, lui che mi fa una così forte impressione, sia<br />

perché lo amavo come uomo, come lui amava me, sia perché lo ritengo il più colto e fine<br />

tra tutti i filosofi della nostra epoca. A lui per prima cosa chiedo come possa mai esser<br />

membro dell'Academia alla quale dichiara di appartenere. Pur omettendo altre cose, chi<br />

mai dell'Academia antica o tra i peripatetici affermò queste due tesi di cui ci occupiamo:<br />

1) che si può afferrare solo ciò che è vero in un modo tale che non potrebbe essere falso,<br />

o 2) che il saggio non formula mai un'opinione? Certamente nessuno. Di queste<br />

affermazioni nessuna delle due è stata molto argomentata prima di Zenone. Io tuttavia<br />

le ritengo entrambe vere, e non lo dico per compiacenza, ma le accetto proprio così.<br />

Contesto<br />

Il frammento si colloca all'interno del discorso che Cicerone offre in risposta a Lucullo;<br />

quest'ultimo contestava lo scetticismo di Arcesilao e Carneade sulla base di argomenti molto<br />

probabilmente già impiegati da Antioco d'Ascalona e prima ancora dai filosofi stoici. Lucullo,<br />

così come ce lo presenta Cicerone, ricopre infatti il ruolo di portavoce di Antioco in ragione<br />

della loro lunga frequentazione e per il fatto di essere notoriamente un uomo dotato di grande<br />

memoria 372 . Così, un'impressione di accuratezza, seppur nel discorso riportato, è chiamata a<br />

dare supporto alla tecnicità del testo. In conclusione del suo discorso, 'Lucullo-Antioco' aveva<br />

invitato eplicitamente 'Cicerone personaggio' ad ammettere le contraddizioni della posizione<br />

scettica e a non compromettersi ulteriormente con essa 373 . In caso non risultasse ancora del<br />

tutto chiaro, il personaggio di Catulo fa allora presente a Cicerone che, per difendere la<br />

posizione scettica, il suo compito è quello di mostrare come sia possibile conciliare<br />

coerentemente il non riconoscere nulla come 'certo' (Luc. 63: “negares quicquam certi posse<br />

reperiri”) con il poter dire di 'conoscere' qualcosa (“te comperisse dixisses”). Il discorso di<br />

Cicerone si sviluppa di conseguenza come una confutazione punto per punto (v. Glucker<br />

(1978), pp. 399-405) degli argomenti esposti nella prima parte del libro, e solo quando ogni<br />

372 Luc. 4: « Cum autem e philosophis ingenio scientiaque putaretur Antiochus Philonis auditor excellere, eum<br />

secum et quaestor habuit et post aliquot annos imperator, quique esset ea memoria quam ante dixi ea saepe<br />

audiendo facile cognovit quae vel semel audita meminisse potuisset ». Tuttavia si ricorda che proprio alcuni<br />

dubbi sulla plausibilità/credibilità dei personaggi scelti come portavoce di questioni filosofiche così<br />

complesse inducono Cicerone a una seconda (e terza?) redazione del testo. v. Att. XIII, 12, 3; Att. XIII, 13, 1.<br />

Il ruolo di Lucullo verrà poi eventualmente affidato al personaggio di Varrone, v. Griffin (1997a).<br />

373 Luc. 62: «Provide etiam ne uni tibi istam sententiam minime liceat defendere. (...) Vide, quaeso, etiam atque<br />

etiam ne illarum quoque rerum pulcherrimarum ». Il discorso di Lucullo insiste sul pericolo etico della<br />

posizione scettica, argomentando che contestare il criterio della verità e in particolare l'adsensio (ovvero<br />

l'assenso dato ad una impressione) significa privarsi della base non solo della conoscenza e dell'argomentare<br />

filosofico ma sopratutto dell'agire etico e della saggezza, v. ibid. : « Sublata enim adsensione omnem et<br />

motum animorum et actionem rerum sustulerunt, quod non modo recte fieri, sed omnini fieri non potest ».<br />

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