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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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finibus, v. T. 47 = Fin. IV, 60. Nel contesto dialettico-comparativo del De finibus il principio<br />

dell'autarchia della virtù dal punto di vista di Catone sostiene la tesi stoica che la virtù è<br />

l'unico bene, mentre dal punto di vista antagonista, coincidente grossomodo con quello di<br />

Antioco, ed argomentato dalla viva voce di Cicerone, il principio dell'autarchia della virtù<br />

implica sì che la virtù è un bene, ma non l'unico ed esclusivo bene 603 . La discussione viene<br />

ripresa nell'ultimo libro delle Tusculanae e posto a tema centrale della quaestio, (cfr.<br />

Parad.stoic. 16-19: " (/Oti au)ta/rkhj h( a)reth£ pro£j eu)daimoni/an. In quo virtus sit, ei nihil<br />

deesse ad beate vivendum"). Lo stesso soggetto sembra esser stato trattato da Bruto in un<br />

opera dedicata a Cicerone: (Tusc. V, 1) "ex eo libro, quem ad me accuratissime scripsisti, et<br />

ex multis sermonibus tuis virtutem ad beate vivendum se ipsa esse contentam".<br />

Verosimilmente la lettura del testo del V libro risulterebbe arricchita dal confronto con il testo<br />

di Bruto, fosse questo ancora accessibile.<br />

Il punto di partenza, rispetto al quale il testo di Cicerone reagisce dialetticamente, è una<br />

negazione del principio dell'autarchia da parte di un interlocutore fittizio : (Tusc. V, 12) "A.<br />

Non mihi videtur ad beate vivendum satis posse virtutem" 604 . Lo scopo di Cicerone è allora<br />

quello di vagliare la forza tutti gli argomenti a favore del principio. La critica ha dedotto da<br />

questo testo un forte interesse in Cicerone nel mantenere la tesi socratica e platonica, per cui<br />

la virtù è sufficiente alla felicità, che lo spingerebbe a rivalutare gli argomenti logici<br />

sviluppati dallo stoicismo. Questo tipo di intento del resto non sembra entrare in conflitto con<br />

l'impostazione academica di Cicerone, come egli stesso chiarisce: non è legittimo che il suo<br />

interlocutore tenti di contestare la coerenza delle argomentazioni ciceroniane citando quanto<br />

da lui sostenuto per iscritto nel De finibus (v. Tusc. V, 32-33 : "A. Quia legi tuum nuper<br />

quartum de Finibus: in eo mihi videbare contra Catonem disserens (...). M. Tu quidem<br />

tabellis obsignatis agis mecum et testificaris quid dixerim aliquando aut scripserim. Cum<br />

aliis isto modo, qui legibus impositis disputant: nos in diem vivimus; quodcumque nostros<br />

animos probabilitate percussit, id dicimus, itaque soli sumus liberi"). Il rapporto intrattenuto<br />

603 Nel complesso il testo del De finibus offre un esempio del metodo ciceroniano di discussione concatenata in<br />

utramquem partem, ogni istanza filosofica viene esposta e discussa a partire dal punto di vista di un'istanza<br />

antagonista, di modo che la tesi epicurea viene contestata a partire dal punto di vista stoico e la tesi stoica<br />

viene contestata a partire dal punto di vista degli academici antichi, ovvero dal punto di vista di Antioco<br />

d'Ascalona;<br />

604 v. Tusc. I, 7-8; Tusc. II, 9; Pohlenz (1911), pp. 627-629, ritiene che le lettere maiuscole "A." e "M.", che<br />

distinguono i due interlocutori nel testo, fossero in origine un Δ per discipulus e un M di magister; cfr.<br />

Philippson (1939), col. 1141; Fortenbaugh (2011), p. 402-403. L'uso di un interlocutore anonimo ricorda le<br />

procedure dialettiche che Aristotele descrive nell' VIII libro dei Topici, v. Moraux (1968), pp. 300-307; Long<br />

(1995), pp. 56-57. Secondo la pratica aristotelica il punto di partenza della discussione espresso<br />

dall'interlocutore è un opinione comune o endoxon, la cui coerenza deve essere valutata per mezzo di un<br />

dialogo domanda e risposta tra il personaggio principale e il suo interlocutore. Sulle disputationes messe in<br />

scena nella villa di Cicerone a Tusculo come una forma di schola / διατριβή, v. Douglas (1995), pp. 197-<br />

218; l'uso di un interlocutore anonimo, dunque universale, supporta l'idea che Cicerone assuma il ruolo di<br />

'educatore di se stesso e dei giovani' (cfr. Griffin (1997b), p. 11), e risulta perfettamente spiegato da una<br />

lettura del testo delle Tusculanae come un 'pedagogical drama', v. Gildenhard (2007).<br />

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