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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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soddisfa allo stesso tempo una successione cronologica e le esigenze di un confronto con i<br />

capisaldi del cristianesimo delle origini.<br />

Nel passaggio in oggetto è possibile inoltre riscontrare più di un segno dell'intervento<br />

dell'autore (v. εἶεν; φαίνεται (...) βουλόμενος; γοῦν), Clemente o la sua fonte, che<br />

suppone una certa maturità critica nei confronti del contenuto delle informazioni fornite.<br />

Nel complesso la testimonianza sulla posizione filosofica degli antichi academici rivela uno<br />

sforzo di precisione lessicale, che tuttavia non sempre appare storicamente convincente (v.<br />

ἕξις ἐν; ἀοχλησία). Ad ognuno dei primi tre scolarchi dell'Academia viene attribuito uno<br />

specifico contributo nell'ambito etico, tra i quali del resto non sussiste alcun conflitto<br />

apparente. Tra la posizione di Speusippo e quella di Senocrate in particolare si può notare un'<br />

evoluzione nella stategia di difesa della posizione etica che considera l'eu)daimoni/a come<br />

ἕξις∕κτῆσιj, in opposizione dinamica rispetto alla posizione di Aristotele. Il dialogo<br />

intrattenuto dai filosofi academici con la terminologia e l'impostazione etica di Aristotele è di<br />

fatto il contesto principale in cui la testimonianza di Clemente d'Alessandria può essere<br />

collocata: consapevolmente o inconsapevolmente, il testo permette di cogliere le linee di un<br />

dibattito intrascolastico tra l'Academia e il Peripato, il cui effetto si ripercuote sulle scelte<br />

lessicali e sul taglio prospettico dato alle formule del t loj di Speusippo, Senocrate e<br />

verosimilmente anche di Polemone.<br />

A partire da questo tipo di considerazioni è possibile affermare che la menzione degli antichi<br />

academici nel testo di Clemente d'Alessandria non segue la linea della storiografia di Antioco<br />

d'Ascalona, per il quale Academia antica e Peripato antico costituiscono un'unica scuola con<br />

un'unica teoria etica 631 . Antioco infatti, stando alle testimonianze ciceroniane, proponeva un'<br />

unica formula del telos per tutti i filosofi vetero academici e vetero peripatetici, passando<br />

sotto silenzio sia le differenze di sfumature tra Speusippo, Senocrate e Polemone, sia<br />

sopratutto le divergenze d'approccio al concetto di felicità tra Aristotele e Senocrate. L'intento<br />

di Antioco sembra tutto sommato quello di sacrificare una buona dose di accuratezza storica<br />

in nome del revival ermeneutico della tradizione antica, v. Ac.libri I, 22-23: "Communis haec<br />

ratio et utriusque hic bonorum finis videbatur, adipisci quae essent prima natura quaeque<br />

ipsa per sese expetenda, aut omnia aut maxima; ea sunt autem maxima quae in ipso animo<br />

atque in ipsa virtute versantur. Itaque omnis illa antiqua philosophia sensit in una virtute esse<br />

positam beatam vitam, nec tamen beatissima nisi adiungerentur et corporis et cetera quae<br />

supra dicta sunt ad virtutis usum idonea". Del resto Antioco sembrerebbe aver impiegato la<br />

dottrina etica degli antichi come un'alternativa rispetto ad una qualsiasi lettura dei testi di<br />

631 Di diverso avviso Hoyer (1883), p. 26 e Luck (1953), p. 22, per i quali l'intera sezione pp. 127-133<br />

dell'edizione Stählin sarebbero riconducibili ad Antioco.<br />

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